Donna trans vittima di violenza in carcere: la denuncia scuote Ferrara

Donna trans vittima di violenza in carcere: la denuncia scuote Ferrara. Ecco cosa significa seguire le disposizioni del nostro Paese: mettere in pericolo la vita e la salute mentale e fisica delle persone. Un gesto ignobile si è consumato tra le mura di un carcere a Ferrara, e adesso vediamo come.

Donna trans vittima di violenza in carcere: la denuncia scuote Ferrara

La terribile vicenda che ha coinvolto una donna trans nel carcere dell’Arginone di Ferrara ha riportato al centro dell’attenzione un problema sistemico: la mancanza di tutele per le persone transgender detenute. La consigliera comunale Anna Zonari, esponente de La Comune di Ferrara, ha sollevato il caso in aula denunciando la gravissima aggressione sessuale subita dalla detenuta, collocata nella cosiddetta “sezione protetti“, dove si trovano anche soggetti autori di reati sessuali. Una decisione assurda, che dimostra l’inadeguatezza del sistema penitenziario nel proteggere chi è in condizioni di particolare fragilità. La detenuta, secondo Zonari, aveva espresso chiaramente le sue paure, chiedendo protezione. Nessuno ha ascoltato. Il risultato? Una nuova, dolorosa conferma del fallimento istituzionale.

Le istituzioni tacciono, ma la comunità si mobilita

Durante il question time del 7 Luglio, solo una settimana fa, l’assessora Coletti ha risposto che la vicenda è già in mano alla Procura e che la collocazione della donna trans nella sezione protetta era stata decisa dagli organi competenti. Ma queste parole non hanno convinto la consigliera Zonari, che ha chiesto a gran voce un impegno diretto del Comune di Ferrara, almeno a livello di pressing politico sul Ministero della Giustizia, Regione e Provveditorato penitenziario. Il punto, infatti, non è solo reagire ai fatti compiuti, ma prevenirli. Monitorare, ascoltare, costruire percorsi di protezione veri. Una donna non può essere trattata come un’“eccezione” del sistema. Non può essere dimenticata finché non diventa vittima. O peggio, anche dopo.

Donna trans lasciata senza protezione: una vergogna istituzionale

Non è la prima volta che il sistema penitenziario italiano si dimostra totalmente inadeguato nell’accogliere e proteggere una donna trans. Ad oggi, solo il carcere di Reggio Emilia ha una sezione dedicata. Il resto del Paese? Naviga tra improvvisazione e superficialità. E mentre le persone transgender continuano a essere trattate come un’anomalia statistica, i numeri parlano chiaro: circa 80 persone trans sono attualmente detenute in istituti italiani. Spesso senza alcun protocollo specifico, senza personale formato, senza un luogo sicuro. Una situazione che non può continuare così. È inaccettabile che l’unica misura sia rinchiuderle con soggetti pericolosi. Una donna detenuta è prima di tutto una persona, con diritti che vanno rispettati.

La politica deve scegliere da che parte stare

L’interrogazione parlamentare del deputato Fabrizio Benzoni (Azione) chiede al Ministro della Giustizia di intervenire con urgenza. Basta parole, servono azioni concrete: sezioni dedicate, personale formato, protocolli per la valutazione del rischio. Ogni donna trans, uomo o persona di genere non conforme hanno diritto all’essere protetti, non reclusi in condizioni che li espongono alla violenza. Benzoni parla di ricognizione nazionale e riorganizzazione degli spazi detentivi: una richiesta doverosa, che dovrebbe arrivare da ogni forza politica sensibile ai diritti umani. Questa vicenda non è solo una notizia di cronaca nera: è uno specchio di ciò che ancora oggi non funziona nel nostro rapporto con l’identità di genere. Una donna aggredita in carcere è il simbolo di un’umanità che stiamo perdendo.

Donna trans dimenticata dalle istituzioni: ma non da chi lotta

La violenza subita a Ferrara è uno schiaffo alla dignità. Ma è anche un richiamo fortissimo a non abbassare la guardia. Le parole di Anna Zonari suonano come una sveglia collettiva: vigilare, proteggere, denunciare. Dietro ogni donna trans invisibile, c’è una persona reale che ha bisogno di sicurezza, ascolto e rispetto. Se le istituzioni locali non sono in grado di garantire neppure questo, allora dobbiamo farlo noi: con la solidarietà, l’attivismo, e pretendendo cambiamenti reali. Non possiamo più permettere che il silenzio copra la sofferenza. Perché ogni volta che una donna subisce violenza in carcere, non è solo lei a essere ferita. È tutta la nostra coscienza collettiva.

La violenza è sistematica, e ne subiamo l’influsso quotidianamente. Dove si ferma la nostra linea morale?

 

Aeden Russo

Fonte: La Comune di Ferrara

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