Disforia di genere: a breve saremo tutti schedati?

Disforia di genere: a breve saremo tutti schedati? Queste le possibili nuove disposizioni del governo Meloni sulla popolazione transgender in Italia. Ma vediamo di più insieme.

Disforia di genere: il silenzio di chi ha deciso per altri

Nel più totale silenzio mediatico il nostro Paese sta decidendo il da farsi sui corpi transgender. Come, esattamente? Andando a segnalare tutti coloro che utilizzano triptorelina o altri ormoni, sia tra minori che adulti. Questi controlli sono davvero necessari, e per cosa? La disforia di genere non è un problema politico o culturale da dover debellare. Eppure l’emancipazione dalla patologizzazione si allontana sempre più. Sapremo di più della faccenda verso fine mese, quando il ministro Schillaci rilascerà una relazione ufficiale. Ma per adesso sappiamo solamente che queste conclusioni sono pronte pressoché da Dicembre, sulla base del Comitato Nazionale di Bioetica.

Mai chiedere a chi veramente vive queste esperienze

Devo dire che una cosa non cambia mai. Quando si parla di esperienze trans, come la disforia di genere, non c’è mai una persona che le ha vissute sulla sua pelle a decidere. Perché il tavolo tecnico che ha discusso su questo nuovo registro non aveva rappresentanza alcuna. 29 professionisti tra endocrinologi, psichiatri e ginecologi ha parlato per noi. E adesso manca solo l’ufficializzazione di questa decisione. Perché non siamo nient’altro che oggetti da monitorare, correggere e sorvegliare. Non delle persone con una vita, dei desideri, bisogni.

Disforia di genere: un futuro in cui sarà schedato chi la vive?

Adesso non si hanno informazioni precise sul futuro che ci aspetta. Ma il governo Meloni sta varando la possibilità di un registro sulla disforia di genere per quest’anno. Ma in cosa consiste esattamente? Una specie di schedatura specifica per le persone in fase di affermazione di genere o in cura in centri sanitari. Il tutto con l’obbiettivo per “misurare le conseguenze delle terapie sul lungo periodo” e di uniformare le autorizzazioni delle strutture sanitarie. Manlio Converti, psichiatra e presidente di Amigay aps, ha dichiarato che “In una situazione di caos e di cattiva informazione le associazioni LGBTQIA+ hanno attaccato la scelta del governo etichettandola come filo-nazista, senza considerare che la schedatura è una prassi già prevista“.

Necessario? Forse sì. Ma non c’è trasparenza

Ha poi voluto commentare ulteriormente così: “Il registro non è una novità, è la norma. Noi medici lo compiliamo abitualmente per i nostri pazienti nel rispetto della privacy. Se non effettuassi la trasmissione, come psichiatra non potrei tenere sotto controllo i dati epidemiologici e garantire l’appropriatezza della cura, che rappresenta anche un meccanismo di vigilanza della spesa pubblica. Non dovrei farlo per un farmaco delicato come la triptorelina (un medicinale di sintesi che inibisce la produzione di ormoni sessuali maschili e femminili, bloccando la pubertà)? Sarebbe assurdo. Se, invece, l’idea è quella di creare un secondo elenco solo sulla disforia di genere sarebbe grave e discriminatorio, ma non abbiamo elementi per parlarne, dobbiamo aspettare”.

Per me che vivo la disforia di genere cosa significherà?

Al momento non si ha alcuna informazione su questo nuovo registro inerente a persone con disforia di genere. Gian Vincenzo Zuccotti, ordinario di Pediatria presso l’Università Statale di Milano e membro del tavolo tecnico interministeriale, ha dichiarato che: “Il registro sarà molto utile per verificare le prescrizioni e il percorso, un monitoraggio necessario”. Ho solo una domanda: per chi? A chi servono questi dati, e come verranno usati? Non c’è dato di sapere assolutamente nulla al riguardo. Eppure se il mio nome e le mie cure devono essere inseriti in una scheda, vorrei sapere in mano a chi va. Per quali scopi, se mi tutela, o se invece sarà solo l’ennesimo strumento contro di me.

Questi sono campanelli d’allarme

Siamo oggetto di un’attenzione morbosa e violenta da parte dell’esecutivo e di una certa narrazione mediatica. Se il governo avesse davvero l’intenzione di creare un secondo registro sanitario ostracizzando e ghettizzando la comunità trans, noi faremo sentire la nostra voce. È necessaria un’interpellanza parlamentare. Quello che è avvenuto all’ospedale Careggi di Firenze ha già mietuto delle vittime e sta rendendo molto complicati i percorsi di affermazione di genere delle persone minori“, ha voluto aggiungere l’attivista Daniela Lourdes Falanga del direttivo Antinoo Arcigay Napoli. Perché queste ritrovate attenzioni sulla disforia di genere? Non è chiaro. Ma questo legittimo dubbio espresso è invece un chiaro segnale di allerta.

Come la disforia di genere diventa politica (nel modo sbagliato)

Ne parlammo assieme tempo addietro dell’Ospedale Careggi di Firenze. Giusto poco più di un anno fa il Ministero della Salute voleva accertarsi dell’utilizzo della triptorelina nei percorsi sui minori. L’accusa fu quella di omettere la trasmissione dei dati all’AIFA e ignorato il supporto psichiatrico in diversi casi. Peccato che il farmaco è autorizzato proprio dalla medesima agenzia, che l’ha dichiarato adatto con la disforia di genere. E si è finiti nel fuoco incrociato dei dibattiti politici proprio per andare a far crescere il sospetto nei confronti di chi accede a questi percorsi di affermazione. Nonostante la Regione Toscana disse che questa era una mossa strumentalizzata, alla fine sono gesti come questi che hanno aperto le porte all’ideazione di un nuovo registro nazionale.

Oramai ci volete affibbiare patologie fittizie

L’incongruenza di genere non è una malattia mentale. Il governo non può negare il diritto di autodeterminazione di una persona anche se minore“, ha proseguito Falanga. “Noi ci battiamo per la totale depatologizzazione, attraverso l’eliminazione della diagnosi ognuno deve decidere da sol* cosa fare del proprio corpo. E la cosa non deve essere sottovalutata minimamente quando si tratta minorenni, che vogliono psichiatrizzare“. È questo il punto sul quale mi soffermerei. Il governo ha interesse nell’aggiungere cinque visite psichiatriche obbligatorie prima di accedere alle terapie ormonali. Il che è ridicolo. Capisco l’accertarsi della sicurezza di un paziente prima d’iniziare il proprio percorso di affermazione. Ma rendere la disforia di genere al pari di una malattia psichiatrica è veramente necessario?

L’obbligo alla medicalizzazione per chi vive di disforia di genere lo state imponendo voi

Aggiungere l’ennesimo obbligo prima di accedere alle cure dice tanto sulla disforia di genere in Italia. Se sei una persona transgender devi essere ostacolata, e le tue cure rallentate. Questo perché ancora oggi l’accesso ai farmaci non è visto come una parte dei percorsi di affermazione di genere. Quante volte ho sentito le parole “mutilazione“, “trasformazione“, “malattia“. E vengono sempre associate ai percorsi medicalizzati. Nonostante l’incongruenza di genere non sia più una malattia mentale, l’Italia torna indietro e impone valutazioni psichiatriche. Direi che l’unica forzatura la state facendo voi normalizzando valutazioni eccessive. Il corpo transgender non va visto al microscopio da specialisti. Va autodeterminato e lasciato in mano a chi lo possiede.

Silenzio radio, e nessuno fa sana informazione

La verità è che regna la confusione. Attualmente in Italia sono previste da 1 a 5 sedute, mentre negli Stati Uniti da 1 a 3. Non si capisce a quale fasce di età facciano riferimento le future disposizioni“, continua lo psichiatra Converti. “Come medico credo che la valutazione vada fatta sul singolo individuo, caso per caso, senza generalizzazioni. Standardizzare le procedure e fissare delle scadenze prestabilite non avrebbe senso. La terapia riparativa è inaccettabile, così come mettere in dubbio gli effetti della triptorelina: è un farmaco usato dal 1984 sui minori anche prepuberi o meglio con pubertà precoce. Facciamo informazione e riflettiamo piuttosto sui presidi sanitari, sono troppo pochi per gestire le persone gender variant e poi mancano altri elementi essenziali per eliminare ogni persecuzione sanitaria e garantire la raccolta di dati epidemiologici per conoscere i nostri bisogni anche in cardiologia, oncologia, pediatria e in altri ambiti vitali”.

Anche oggi mi aspetta un futuro senza certezza alcuna, nel quale non so nemmeno se il mio corpo verrà strumentalizzato dalla politica per impedirmi di vivere come desidero.

 

Aeden Russo

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