fbpx

Lo Stato Italiano ha ucciso di nuovo Cloe Bianco

Lo Stato Italiano ha ucciso di nuovo Cloe Bianco: secondo la Procura, nessuno sarebbe da colpevolizzare per istigazione al suicidio. La professoressa, donna trans di 58 anni, si sarebbe data fuoco nel suo camper, da sola nella sua abitazione. Ma scopriamo di più su questa faccenda.

Come ha agito lo Stato alla sua morte

Dopo il rogo, la Procura ha indagato secondo la procedura contro ignoti e senza ipotesi di reato, escludendo già dall’inizio l’ipotesi dell’omicidio. Sia i Vigili del Fuoco che la magistratura bellunese hanno inoltre concordato che non ricade responsabilità alcuna su altre persone, anche pressioni esterne. Così facendo, la Procura di Belluno ha dichiarato ufficialmente che la professoressa si sia tolta la vita senza spinte esterne. Eppure, come si può leggere dal suo blog personale, Cloe aveva premeditato questo gesto, annunciandolo con un post «come la mia libera morte». “Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto“, così recita al finale.

Chi era Cloe Bianco? Una donna di grande spessore

Cloe insegnava Fisica all’istituto agrario Mattei di San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Nel 2015, con in tasca il ruolo di docente, aveva deciso di perseguire quel sogno che aveva sin dai suoi cinque anni, finalmente facendo outing sociale. Entrava in classe vestita come desiderava, facendosi chiamare dai ragazzi Cloe, così come ne parliamo adesso. Tutti l’accolsero bene perché già era chiaro, ma una studentessa, scioccata dalla rivelazione, uscì dalla classe piangendo, e una volta a casa raccontò il tutto ai genitori. Fu sospesa per tre giorni da lavoro per questo suo gesto, ma con un appello al tribunale del Lavoro di Venezia ottenne solo un ulteriore muro dinnanzi: la sua transizione era stata troppo improvvisa, di fronte agli studenti poteva essere un danno. “Se tempi e modi di tale scelta fossero stati attuati diversamente“, era scritto nella sentenza, “questa sarebbe stata responsabile, corretta e consona alla funzione di docente“.

Forse questo è un fatto ‘normale’ per tanti ma non per noi che viviamo quei valori che ci sono stati donati e che all’educazione dei nostri figli ci teniamo lottando quotidianamente bersagliati ogni giorno da chi quei valori vuole distruggere, teorie gender e quant’altro. Ecco, ho voluto metterla al corrente di quanto accaduto sperando che con il suo ruolo di assessore alle politiche dell’istruzione possa fare qualcosa perché in futuro queste cose non accadano più“, questa l’agghiacciante lettera di un genitore in risposta al suo coming out. La conseguenza è stata un provvedimento disciplinare con ispezione da parte dell’Ufficio scolastico regionale e l’allontanamento dall’ex moglie e dalla figlia.

Poco prima della sua morte, cosa stava accadendo?

Nel periodo subito antecedente al suo grande gesto, Cloe era stata ulteriormente allontanata dai banchi di scuola, dovendo rimanere nelle retrovie del segretariato. Non faceva l’insegnante da circa cinque anni, al momento della sua morte. Aveva però sempre modo di farsi valere, e lo dimostrò col suo libro «PERsone TRANSgenere. Manifesto e Progetto della dignità e dei diritti delle persone transgenere in Italia», oltre che con il suo blog personale.

La sofferenza che provava era comunque straziante, e con parole d’odio scriveva così di sé: “Io sono brutta, decisamente brutta, sono una donna transgenere. Non faccio neppure pietà, neppure questo“. A quanto pare, quindi, tutta la pressione che ha subito Cloe a scuola, come la sua sensazione di essere rifiutata da tutti, non giustificano in qualche modo il suo suicidio. L’insegnante, come hanno spiegato molti studenti, era oggetto di vessazioni e discriminazioni da parte di genitori e colleghi, eppure non è stato abbastanza.

Cloe non ha avuto per sé tutto il sostegno che la comunità LGBTQIA+, in particolare quella transgender, ha ottenuto nonostante le lotte ed i sacrifici. Anzi, è la testimonianza che questo paese è fallimentare a proteggere le minoranze, le lascia a morire in solitaria senza neppur ottenere giustizia. Sperando che un giorno questo mondo sia migliore, urleremo il nome di Cloe Bianco per le strade assieme alle migliaia di milioni di persone che, come lei, si sono sentite una nullità senza motivo per vivere.

Aeden Russo

Leggi anche: “Mi senti?”, il cortometraggio dedicato alle persone trans