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Covid 19: prostituzione e Stato

L’emergenza coronoavirus tocca anche la prostituzione: senza lavoro e senza clienti, non si riesce a garantire il proprio mantenimento. Ma lo Stato, cosa fa?

L’epidemia del coronavirus ha comportato non poche difficoltà al mondo del lavoro. Ma se da una parte sempre più aziende hanno adottato, se non addirittura sviluppato maggiori soluzioni di smart working, che cosa succede a quelle categorie che per cause di forze maggiori non hanno la possibilità di poter sfruttare questa soluzione?

prostituzione e stato italiano - coronavirusCertamente lo Stato ha garantito fin da subito (insomma) sussidi straordinari per i lavoratori autonomi, ma nessuno ha accennato un pensiero al mondo della prostituzione. Infatti, con le nuove misure di contenimento, coloro che nella vita hanno come unica fonte di reddito questa strada, si sono ritrovati a non avere più un guadagno. Inoltre, dal momento che fiscalmente, nel nostro Paese, tale attività non viene riconosciuta, come possono e devono soppravvivere queste persone?

Certamente la prostituzione è un tema sempre molto urgente, controverso, scottante e mai chiaro. E’ una prestazione legale ma che non deve essere svolta in pubblico. Diventa illegale solo quando si tratta di sfruttamento di essa. Non è riconosciuta come attività lavorativa, quindi se pur esistente e sotto gli occhi di tutti, a qualunque ora del giorno e della notte e in luoghi sempre più “pubblici”, nel 2020 facciamo ancora finta di non vederla.

É bene ribadire che se qualcuno lo fa per scelta, qualcun altro perchè costretto poichè vittima di pregiudizi sociali nella ricerca di un posto di lavoro “regolare” (pensiamo a quanti del mondo LGBT+ vengono respinti ai colloqui di lavoro solo per la propria sessualità).

Ma al di là di come la si pensi, fra morale, buon costume o problema di decoro urbano, come qualcuno la definisce, in questo periodo storico così particolare, non è certo il momento di giudicare ma piuttosto di aprire gli occhi, comprendere e aiutare. Ecco allora che sempre più associazioni fanno partire progetti di sostegno psicologico online e consegna di beni di prima necessità, perchè ormai anche per i più “forunati” i risparmi iniziano a finire, i controlli sono sempre più frequenti e la paura del contagio è più forte di quella di venire multati. La fame diventa la prima vera urgenza.

A questo punto, non sarà forse il caso che il nostro Stato inizi ad occuparsi realmente anche di questo tema, prendendo decisioni che siano in grado di leggittimare ma soprattutto tutelare, dal punto di vista economico e salutare questa categoria? Vogliamo continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto?

Mettiamo da parte i pregiudizi e apriamo gli occhi.