Below her mouth è una pellicola diretta da April Mullen, famosa per le sue lotte per le donne.
Con una produzione low budget, è stato girato da una crew di sole donne in tre settimane circa ed ha ottenuto un inaspettato riconoscimento al Toronto International Film Festival.
Disponibile su Netflix.
Below her mouth – La trama
Il film racconta la storia di una fashion editor, eterosessuale e fidanzata (Natalie Krill), che inizia una relazione clandestina con una imprenditrice edile (Erika Linden). Il loro casuale incontro sconvolgerà la vita di entrambe.
Donne tra erotismo e ribellione
Le immagini si alternano continuamente, come in un caleidoscopio.
La narrazione ha un ritmo a tratti frenetico, ma che finisce per risultare monotono a causa della ridondanza di scene di sesso, dialoghi dolci e battute pungenti.
Il voyuerismo è forte e prepotente. Gli incontri erotici, a volte esasperatamente crudi, sono al limite della pornografia.
I dialoghi passano decisamente in secondo piano.
In molte scene, ci si affida alla voce fuori campo, che risulta quasi come una musica di sottofondo alle immagini. La struttura narrativa è sorretta quasi esclusivamente dall’erotismo.
Le conversazioni tra le protagoniste, nate probabilmente con l’intenzione di sviscerare il loro aspetto psicologico, finiscono per assumere il ruolo di mere pause tra una scena di sesso e l’altra.
Anche se, in alcuni momenti, il profondo desiderio di ribellarsi alla volontà della società, di non essere più “obbedienti” o “etichettate”, viene confessato sottovoce.
E scivola via come la sabbia dalle mani di Jasmine. Le poche profonde dichiarazioni e rivelazioni navigano così a filo d’acqua affondando al primo stacco di macchina. La narrazione procede più per immagini che attraverso i dialoghi, è l’elemento visivo a farla da padrone.
Le inquadrature suggestive, le atmosfere coinvolgenti create da un uso sapiente della luce (soprattutto dei neon rossi), il cast azzeccato (come la scelta della modella androgina di fama internazionale Erika Linden, al suo esordio cinematografico), la scelta dei costumi perfettamente caratterizzanti, le scenografie minuziosamente curate fanno di questa pellicola più che un film un elaborato “candy eye”.
La storia non è rivoluzionaria e il film non è perfetto.
Ma si ringrazia l’happy ending, tanto poco apprezzato nella filmografia saffica.