Quando la legge sulle Unioni Civili doveva essere votata, includendo l’ormai famosa Step Child Adoption, ogni fazione politica dichiaratamente omofoba ha subito battezzato lo slogan “i bambini non si toccano!!!” a difesa delle proprie posizioni, gridandolo e scrivendolo a ripetizione, fino allo sfinimento. Questo slogan è stato recitato al pari di un mantra e ce lo siamo ritrovati in mezzo a qualsiasi istanza. Inquinamento? I bambini non si toccano! Abusivismo? I bambini non si toccano! Infiltrazioni mafiose nella politica? I bambini non si toccano! Ma non è durato un granché, perché quando le argomentazioni omofobe non erano più sufficienti nella discussione politica e i bambini non funzionavano più, l’attenzione è stata spostata verso un’altra tematica, ovvero quella dell’utero in affitto (discussione che richiederebbe anni di approfondimenti tra etica, buonsenso, diritti umani, sfruttamento, regolamentazioni e via discorrendo). L’importante era distrarre e dire qualcosa contro unioni civili e adozioni pur di impedirle. Ma la Step Child Adoption è stata per ora dimenticata in un cassetto, la legge sulle unioni civili è stata approvata e i bambini di cui sopra non sono stati “toccati”, lasciando numerose coppie del bel paese in balia di deleghe e riconoscimenti legittimi che ancora devono venire.
Però le destre hanno imparato qualcosa da tutto questo: i bambini sono l’arma perfetta. E’ sufficiente strillare la parola “bambino” per frenare o rendere pericolosa qualsivoglia idea “progressista” (o più semplicemente umana e civile) e deviarne il percorso burocratico e politico. Eppure è toccato proprio a un bambino dover prendere parte a uno spot che si trova a metà strada tra il raccapricciante e il grottesco. Spot girato e diffuso dalla Russia di Putin in difesa della famiglia “tradizionale” e che riconferma Putin un vero maschio alpha, leader di una nazione machista e patriarcale come quella Russa. Nel video in questione, esattamente, cosa succede? In un orfanotrofio un bambino sta per essere adottato. Si prepara, si mette le scarpe, prende il suo zainetto e il momento più emozionante della sua vita viene ripreso con uno smartphone da un’operatrice dell’orfanotrofio. Il padre adottivo entra. L’emozione è forte, palpabile. Padre e figlio si guardano e camminano verso l’uscita, diretti verso la loro nuova vita insieme. Il piccolo chiede dove sia la madre adottiva e la sua domanda trova risposta nel secondo padre che, truccato alla bene meglio e vestito con abiti tutto sommato ambigui e forzosamente femminili, lo aspetta davanti all’auto. Il bambino è distrutto e non trattiene una smorfia di dolore. Così come le operatrici dell’orfanotrofio non nascondono il loro sdegno e se ne vanno. Ed ecco il bambino salire in auto, riluttante, dato in pasto a una famiglia di presunti pervertiti che non vedono l’ora di togliere al piccolo le sue già poche certezze, confondere la sua identità sessuale. Una famiglia che lo renderà lo zimbello forse della Russia intera perché, povera stella, ha due padri imbarazzanti anziché una madre e un padre di cui andare orgoglioso. E’ questa la Russia che vogliamo? Decisamente no. Fine dello spot.
Sembra di guardare lontano, in un altro paese, in un’altra epoca, ma questo spot troverà accoglimento e consenso anche qui da noi. Non mancheranno le nostre destre ad accogliere con fragoroso trionfo un messaggio violento e deviato come quello dello spot di cui sopra. Loro hanno Putin, ma noi abbiamo i nostri Salvini e Meloni, abbiamo la Lega, Fratelli d’Italia, Casapound. Abbiamo voci come quelle di Sgarbi, Taormina e Mussolini che prenderanno parola tessendo le lodi di una campagna elettorale come quella di Putin che ha molti (troppi) punti in comune con le loro ideologie. Sembra un secolo fa, ma Giorgia Meloni solo nel recente 2018 ancora parlava di famiglia tradizionale. Da qui il suo discorso musicale, ormai divenuto un tormentone “io sono una Giorgia, sono una donna, sono una madre e sono cristiana” desiderosa di cancellare letteralmente le identità LGBT lanciando pietre verbali sui genitori omosessuali. Mentre la piazza omofoba le porgeva il suo plauso.
Insomma, prepariamoci perché se in Russia si può pubblicare uno spot simile a fini propagandistici senza farsi troppi problemi, qui da noi l’omofobia politica va avanti senza cortometraggi, ma vive nelle piazze e nelle comparsate TV o radio durante le quali le voci istituzionali si fanno sistematicamente scappare uscite di una gravità estrema (“meglio fascista che frocio” – A. Mussolini / “i gay nascono con un difetto fisico, riconosco un frocio dai movimenti, come i delinquenti e non mi devono rompere il cazzo con porcate come il gaypride” – C. Taormina / “I gay dobbiamo schedarli e regalare loro una banana” G. Buonanno).
Quindi qual è la distanza tra la Russia e l’Italia, oltre a quella che vediamo sulle cartine geografiche? Perché su questi temi la distanza è breve. Anzi brevissima, quasi inesistente. E se la Russia di Putin sta cavalcando impunita su immagini come quelle descritte qui sopra, qualcuno che occupa poltrone importanti sta per stendere un regale tappeto rosso per accogliere un’altra ondata omofoba e rinvigorire quel fiume d’odio nel quale, purtroppo, qualcuno annegherà. E’ questione di ore.
- Matteo Spini
- 5 Giugno 2020
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