Mentre la destra costringe il paese a un referendum, il turismo elvetico si prepara per ospitare la comunità LGBT+
Quando si dice che la visione politica di alcuni partiti tradizionalisti è più arretrata della vita reale. Prendete la Svizzera. Mentre le forze politiche di estrema destra, come purtroppo avviene oggi non solo in Europa, vogliono continuare a discriminare la comunità LGBT+ (e per far questo hanno raccolto le firme per un referendum), il mondo delle imprese e in particolare il turismo continua a lavorare a favore dell’inclusione.
Così in questi giorni trapela la notizia che molti hotel svizzeri mandano il loro personale a scuola d’accoglienza. E sempre più camerieri, baristi, receptionist frequentano corsi per conoscere la comunità LGBT+ e per familiarizzarsi con le sue esigenze. Non è veramente un caso: è da tempo che la Svizzera ha compreso che con la comunità si possono fare buoni affari. Ad esempio, nel 2010 ha lanciato una campagna pubblicitaria per far crescere il numero dei turisti gay. Ve la ricordate? «Svizzera, semplicemente naturale»…
Una campagna realizzata sulla base di un ragionamento molto semplice: i gay fanno tendenza e spendono… E si sa che pecunia non olet nemmeno o forse soprattutto in Svizzera. Che quest’anno raddoppia l’impegno per offrire soggiorni confortevoli a una comunità che spesso è preoccupata per l’accoglienza che gli hotel possono riservarle. Lo so: è un abisso rispetto a quanto ci tocca nelle città italiane (vi ricordate i vari “scontrini” omofobi rilasciati nei ristoranti romani…?).
Comunque, gli elvetici anche in tema di turismo sono piuttosto precisi, e i corsi di accoglienza sono soggetti a una certificazione riconosciuta (attualmente gli alberghi che hanno superato questo step sono sette, situati nei cantoni di Zurigo, Lucerna, Berna e Vallese).
Ma mentre il mondo produttivo e la società civile vanno nella giusta direzione, i partiti di estrema destra (l’UDF e UDC, che ritengono la legge antidiscriminazione “liberticida”) hanno raccolto le firme e hanno costretto la Svizzera a un referendum per abolire l’estensione tra i crimini d’odio anche degli episodi legati alla discriminazione e alla violenza omofobica (la consultazione si terrà il 9 febbraio).
La riforma che deve essere approvata anche dal popolo (fu votata dal parlamento nel dicembre 2018) ha messo sullo stesso piano l’odio razzista, quello religioso e quello di tipo omofobico (l’autore del reato d’odio rischia pene fino a 3 anni di reclusione). Per fortuna, la gran parte della società è d’accordo per confermare la legge; allo stesso modo tutte le altre forze politiche (il PS, il PPD, il PLR, Verdi e Verdi liberali) e la Chiesa Evangelica fanno campagna per mantenere tale estensione e così contrastare l’omofobia.