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La libertà ha voce di donna: sostegno alle donne iraniane e curde!

Nelle ultime settimane le proteste in Iran hanno fatto tornare lo Stato sulle prime pagine di tutti i giornali, o meglio lo sono le sue donne. Sono infatti loro ad essere scese in piazza in prima linea contro la dittatura dell’Ayatollah Ali Khameini dopo la morte della 22enne curda-iraniana Mahsa Amini, pestata a morte dalla polizia. La storia è ormai tristemente nota. La giovane sarebbe stata arrestata il 13 all’uscita della metro di Teheran, dove si trovava in vacanza con la famiglia, con il pretesto di non aver indossato il velo correttamente in accordo con le nuove indicazioni del regime promulgate lo scorso Agosto. Portata nel centro di detenzione di Vozara, Amini è morta dopo 3 giorni di coma a seguito di un trauma cranico a causa delle percosse subite.

Nonostante i tentativi di insabbiamento del governo iraniano, le proteste sono infiammate nel paese già a partire dal 16 Settembre e hanno raggiunto portata internazionale. Secondo i dati dell’ONG Iran Human Right, finora sarebbero morte più di un centinaio di persone a causa della violenta repressione del regime. Centinaia anche gli arresti, sia tra manifestanti che giornalist*.

Iran restricts internet as protests over Mahsa Amini's death intensify – ThePrint – ANIFeed

Proteste in Iran: La rabbia antica oltre la propaganda

A guidare queste proteste, in strada e nelle università sono soprattutto le donne. Togliendosi il velo imposto e impugnando ciocche di capelli, rappresentano tutta la rabbia del paese verso una dittatura lunga ormai più di 4 decadi. Rischiano le proprie vite trainando istanze di libertà che il regime troppo a lungo ha cercato di sopprimere.

Come puntualizza la storica Iraniano-Statunitense Firoozeh Kashani-Sabet, le donne sono state una forza trainante nella politica del paese addirittura sin dalla rivoluzione costituzionale dal 1906 al 1911. Sono state inoltre il centro della vera e propria guerra culturale indotta dal regime di Khomeini dalla sua proclamazione nel 1979, che ne ha messo in costante pericolo le vite e i diritti. Tra questi il diritto fondamentale all’autodeterminazione, che passa anche dalla scelta di come presentarsi al mondo.

Pensare un paese oltre alla dittatura

Un punto fondamentale da comprendere per l’Occidente, sottolinea ancora Kashani-Sabet, è come le proteste vadano oltre l’obbligo del velo. Il diritto di scelta sul vestiario, infatti, altro non è che il simbolo di un intero paese che lotta contro un regime sempre più decadente ed oppressivo. Rivendicazioni che hanno origine antica e che più di quarant’anni di dittatura non sono riusciti a scalfire. La lotta per il diritto all’autodeterminazione individuale diventa quindi la lotta di un paese (composto da diversi popoli) per la propria libertà. La morte di Mahsa Amini è stata la scintilla a far partire l’incendio delle proteste, che ora si alimentano con le grida di migliaia di donne anche a rischio della propria vita.

Per questo motivo, anche Gaypress.it vuole esprimere la propria solidarietà a queste donne e ai popoli curdo e iraniano. Per la libertà contro tutte le dittature!

 

Ziggy Ghirelli

Fonti: La Repubblica; PennToday