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I colori del Pride: il mese si conclude, la lotta continua

La rubrica “I colori del Pride” ci ha accompagnato per oltre due mesi, esplorando tantissime sfumature della comunità LGBT+. Il mese del Pride si sta concludendo, ma le battaglie della comunità LGBT+ continuano. Qualche riflessione finale per poter dare una chiave di lettura generale.

La comunità è fatta di molti colori diversi

Abbiamo visto durante questi mesi un’immensità di bandiere con significati e colori diversi. La comunità LGBTQIA+ è fatta di tante persone e tanti colori diversi, proprio perché è l’unione di persone con orientamenti e identità differenti tra loro. La bandiere servono per rappresentare queste diverse identità e orientamenti, ma devono essere sempre viste come degli strumenti per poter spiegare qualcosa, più che delle “inutili etichette” o delle “limitazioni”

A moltissime persone della comunità LGBTQIA+ piace molto dare un nome alle cose, perché se un qualcosa ha una parola per descriverlo allora vuol dire che esiste. Serve per rivendicare di non essere invisibili, ma anche per capire meglio noi stessi. Le parole però sono convenzioni, quindi è perfettamente normale che una persona possa usare un determinato termine per definirsi (e di conseguenza una determinata bandiera durante il Pride) ma allo stesso tempo un’altra intende lo stesso termine in modo diverso. La comunità non è un essere unico, ma una moltitudine di persone molto diverse tra loro che vivono però delle situazioni di discriminazione comune.

Ci sono persone che la pensano diversamente

Proprio per questo motivo anche sulle stesse bandiere e i colori per rappresentare una determinata identità o parola, spesso ci sono versioni differenti o persone critiche verso un particolare simbolo. Viene da ridere quando qualche persona omofoba dice “gli LGBT vogliono farci questo…” e cose simili. Sia per l’assurdità di certe affermazioni, ma anche perché partono dal presupposto che ogni persona della comunità la pensi uguale.

Parlare delle bandiere che vengono sventolate durante il Pride, spesso con simboli e colori che vengono modificati nel tempo da alcune persone che sono critiche rispetto al lavoro fatto in precedenza,  ci fa capire che in realtà non è così. Ci fa capire che ci sono opinioni e punti di vista diversi e che la comunità spesso è molto critica anche con sé stessa.

Il Pride è di tutta la comunità, non solo di una parte

Andando a vedere le moltitudini di bandiere analizzate in questi mesi, possiamo capire quanto la comunità sia molto di più rispetto a quello solitamente si pensa. Si parla di Pride spesso parlando delle persone gay o lesbiche, talvolta anche bisessuali o trangender.

Abbiamo visto però che la comunità è molto più vasta, coinvolgendo molte altre persone (tra cui ad esempio quelle intersessuali, oppure asessuali e molte altre). È nostro dovere ricordarlo e farle sentire parte di questa comunità. Il Pride è di tutta la comunità, non solo della parte più conosciuta e “popolare”.