Il Bhutan ha scelto di interrompere il silenzio e mostrarsi vicino alla comunità LGBT+
In questa rubrica si parla di stati in cui l’omosessualità è illegale e punita dalla legge, ma oggi mi sembra giusto parlare di una piccola nazione che è riuscita da poco a fare un passo avanti nella lotta per la conquista dei diritti LGBT+.
Parlando di attivismo è necessario riconoscere i risultati, per comprendere che continuando a lottare si può davvero raggiungere il traguardo, anche se sembra molto lontano
Il Paese in questione è il Bhutan, un piccolo stato dell’Asia situato nella catena himalayana. Dal 2007 è una monarchia costituzionale, il sovrano è Jigme Khesar Namgyel Wangchuck.
Il Codice penale del Bhutan negli articoli 213-14 fino al 2019 definiva l’omosessualità un reato e lo puniva con la reclusione che poteva variare da un mese ad un anno – a seconda della specifica circostanza. A differenza di altre nazioni, ad esempio quelle africane, in cui la religione e la cultura popolare contribuiscono insieme alla legge a creare un clima di odio nei confronti della comunità LGBT+, in Bhutan è un po’ diverso.
La religione ufficiale riconosciuta dallo stato è il Buddismo il quale, tollerante per natura, nei 2500 anni della sua lunga storia, non ha mai espresso anatemi di condanna verso gli omosessuali o i loro costumi. Nel Buddismo è anche possibile celebrare riti matrimoniali a coppie etero e omo, dato che il matrimonio non è considerato un sacramento ma semplicemente una benedizione di lunga vita coniugale e di successo.
Nel 2019 in Bhutan la camera bassa ha votato per abrogare due sezioni del codice penale del 2004 che ha reso illegale il “sesso innaturale”.
La legge è in fase di modifica e l’omosessualità non può ancora dichiararsi completamente legale, ma il primo passo è stato fatto e il traguardo è vicino.
Il clima sociale, considerata la tradizione incentrata sulla tolleranza, ha sicuramente facilitato la lotta ai diritti della comunità LGBT+.
Attivismo:
Con l’avvento di Facebook le persone LGBT+ hanno iniziato ad avvicinarsi e sono riuscite a creare gruppi di sostegno virtuali, in modo che nessuno si sentisse solo, ovunque si trovasse.
Un associazione molto importante è la Rainbow Bhutan, la quale era formata inizialmente da 5 membri e nel 2019 è arrivata a contarne ben 136.
Nel 2015, Dzongsar Khyentse Rinpoche, il più importante insegnante buddista del Bhutan, ha affermato che l’orientamento sessuale non ha nulla a che fare con chi raggiungerà l’illuminazione.
Solidarietà e comprensione in Bhutan sono stati due elementi fondamentali per il raggiungimento dei diritti LGBT+, il cambiamento parte dal basso, ogni singolo cuore, disposto a donare amore, fa la differenza e questa piccola nazione asiatica ne è l’esempio.