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Violenza sistematica: l’ennesima aggressione omotransfobica

Violenza sistematica: l’ennesima aggressione omotransfobica. È successo giusto la settimana scorsa a Milano. Ma vediamo di più insieme.

Violenza continua qui in Italia

Questa violenza sistematica non è più accettabile. Non possiamo vivere nel timore e nella paura che, anche nei momenti più mondani, un agguato sia lì pronto ad attenderci. Siamo stufi, stanchi e arrabbiati per tutto ciò. Ma in un Paese dove si crede che “il patriarcato è finito 75 anni fa“, cosa dovremmo mai rispondere? Che non è così. Altrimenti la violenza non sarebbe in rapida ascesa, portando con sé minori nelle vesti di aggressori. Vorrei raccontarvi l’esperienza di una coppia milanese.

Il racconto di Tea e del compagno

Una dipendente di Pop Milano e il suo fidanzato sono rimasti coinvolti in un’aggressione violenta. Ce lo riporta proprio lei sui suoi social, come sta accadendo sempre più nell’ultimo periodo. Il gesto è stato compiuto nelle ore che dividevano Venerdì 22 e Sabato 23 Novembre. Lo racconta così: “in zona Porta Venezia intorno alle 3, io e il mio ragazzo siamo stati aggrediti da un gruppo di ragazzi italiani“. Posso fare una piccola parentesi anche qui? Si dà sempre colpa agli immigrati e “gli stranieri”, ma guarda caso la maggior parte dei casi di violenza è perpetrata da ragazzi bianchi cis etero italiani.

Violenza omotransfobica con richiami fascisti

Continua Tea il suo racconto: “Dopo averci rivolto insulti omotransfobici inneggiando a Hitler e facendo il saluto romano, ci hanno aggrediti fisicamente. Abbiamo tentato di difenderci, ma io sono stata colpita con un pugno al viso mentre il mio ragazzo, dopo essere stato bloccato a terra, è stato colpito con ripetuti calci e pugni in testa e sul torace. Nel tentativo di aiutarlo sono stata presa e tirata nuovamente a terra, e solo dopo alcuni minuti siamo riusciti a liberarci e ad allontanarci“. Una violenza ingiustificata e senza provocazione alcuna, come ne stanno capitando da mesi ormai.

Se solo fosse stata una coppia “normale” per il Paese, vero?

Un racconto del genere, se avesse coinvolto una coppia d’aspetto (e dal pregiudizio innato) cis etero, sarebbe finita su qualsiasi testata. Invece, in questo caso di violenza sistematica, è calato il silenzio. Tea commenta così: “Purtroppo, quando al governo c’è una classe politica che legittima un certo tipo di linguaggio violento e porta avanti politiche discriminatorie e negazioniste dei diritti civili, queste persone di merda si sentono legittimate ad agire in questo modo, e a farne le spese sono quelle stesse minoranze che, invece, dovrebbero essere tutelate“.

Violenza che non ha risposta attorno a noi

Quello che più ci preoccupa in questo momento non è il mero atto. Piuttosto, io mi allarmerei della risposta generale sulla violenza che viviamo. Perché, molto spesso, non si fa assolutamente nulla. Si deride, incita, guarda un altro lato. Questa è la storia di Tea e del compagno: “ancora più amareggiante è il disinteresse generale di fronte a queste situazioni violente, tant’è che durante l’aggressione alcuni passanti sono rimasti a guardare, senza aiutare, senza chiamare soccorsi e senza nemmeno fare un video che avrebbe potuto aiutare ad identificare i colpevoli“.

Siamo lasciati soli anche dallo Stato

Per questi atti di violenza inaudita non manca solo il sostegno dei nostri concittadini. Anzi, molto spesso la prima mancanza di fiducia va rivolta verso le forze dell’ordine, poco presenti sul posto e poco attive dopo l’accaduto. Ecco quello che ci dice Tea al riguardo: “Abbiamo sporto denuncia ma, non conoscendo l’identità dei nostri aggressori, difficilmente saranno individuati. Tuttavia, speriamo che questo messaggio possa aiutare a capire come è realmente la situazione attuale in Italia per le minoranze e le persone discriminate, essendo questo l’ennesimo caso di violenza gratuita e ingiustificata nei confronti di una coppia che rientrava a casa dopo una serata di lavoro“.

Basta violenza, non se ne può più

Grazie a questo spazio sicuro che stiamo costruendo qui su Gaypress c’è sempre modo di dare voce a quello che non viene risaltato nei media italiani. E non è la prima volta che mi ritrovo a parlarvi di aggressioni fisiche e verbali, di violenza contro la comunità LGBTQIA+ in tutte le sue forme. E non dovrebbe essere la nostra quotidianità. “Chiediamo semplicemente di poter vivere le nostre vite tranquillamente senza doverci continuamente guardare le spalle e avere timore di cosa potremmo trovare una volta girato l’angolo“, così chiude Tea.

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Solidarietà solo dal gruppo ristretto

L’artista e musicista Lorenzo Redaelli, in arte EYEGUYS, ha commentato a poche ore della denuncia di questa violenza su di Tea e il compagno così: “Due tra le persone migliori che abbia intorno e con cui abbia collaborato, la coppia più sana e d’ispirazione che conosca, due anime meravigliose che mi hanno sempre fatto sentire al sicuro. È una cosa disgustosa e una ferita collettiva che non si potrà rimarginare finché chiunque abbia contribuito a legittimare questa situazione sociale e politica non verrà annullato“.

Questo è prendere posizione contro la violenza

Anche il Pop Milano ha rilasciato una dichiarazione poche ore dopo la violenza subita. Ricorda prima di tutto che il gesto è stato perpetrato da “un branco di uomini di chiara appartenenza a gruppi di estrema destra“, sottolineando come questo gesto sia da affibbiare ad una cultura propria del nostro Paese, quella della violenza sistematica. In più ha voluto ricordare le responsabilità delle pubbliche istituzioni, sempre meno presenti di fronte a queste gesta. In un momento come questo, dove la violenza sulla comunità LGBTQIA+ è completamente ignorata e anzi sostenuta, c’è bisogno di un fronte unito e una voce più risuonante.

La rabbia di chi viene escluso

Ecco cos’ha detto lo staff di Pop Milano: “devo però anche esprimere la mia rabbia contro le istituzioni, contro il Comune di Milano (giunta di sinistra, lo ricordo) e anche contro alcune associazioni a cui da anni chiediamo supporto e che hanno fatto sì che negli ultimi anni questo quartiere non venisse tutelato e valorizzato per ciò che rappresenta. Al contrario, siamo state isolate e esposte alla violenza e all’odio verso la nostra comunità, in un momento storico in cui già odio e violenza vengono alimentati ogni giorno dalle politiche del nostro governo“.

Agirete sul problema della violenza quando scapperà il morto? Nemmeno?

Un altro punto che mi ha veramente toccato è stato il giusto commento critico al comportamento generale dei nostri concittadini. Queste le loro parole: “non possiamo più accontentarci solo della solidarietà della comunità (che poi concretamente sono sempre le solite quattro persone). Ad oggi abbiamo bisogno che tutte le persone, tutte le associazioni e tutte le istituzioni prendano atto del fatto che c’è un problema, prima che la situazione peggiori ulteriormente e prima di doverci ritrovare qui a parlare di fatti ancora più gravi e, stavolta, irreparabili“.

Rabbia che acceca

Tea e il suo compagno non sono i primi. Ne abbiamo parlato in questi mesi in diversi interventi. C’è rabbia nelle mie parole, una profonda frustrazione. Sono stanco di essere visto da tutti come una pecora nera, un cittadino di serie B. Anche esausto di avere paura di come parlo, come cammino, come mi vesto. Come inferocito con il sistema sanitario che non mi rispetta, con quello legale che ritarda la mia vita perché non può essere autodeterminata. Ma soprattutto sono profondamente deluso con la società in cui vivo, che ogni giorno trova una ragione insensata in più per lasciare che accada tutto questo. Non dovrei lottare così tanto per avere il rispetto e i diritti che tutti gli altri possiedono. Questa sofferenza costante in cui siamo immersi non è corretta. È una violenza fisica, emotiva e psicologica che questo Stato sa solo avvalere.

C’è bisogno di agire per proteggere la comunità LGBTQIA+, e subito! Basta violenza, non ne possiamo più.

 

Aeden Russo

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