Proseguiamo la nostra piacevolissima chiacchierata con Armana Salvucci, l’ideatrice di Sensuability. Sensuability è un progetto nato per raccontare disabilità e sessualità senza preconcetti, ma con tanta ironia e naturalezza. La prima parte dell’intervista la trovate qui.
Hai mai avuto la sensazione di essere corteggiata per soddisfare una perversione??
Sì, e li ho subito allontanati.
Oggi hai una relazione, come hai vissuto l’amore in questi anni?
?Ho passato lunghi periodi da single e a un certo punto mi sono resa conto che la disabilità è solo una parte del tutto e che non sarei rimasta single per questo ma per il mio caratteraccio 😉 Sono stronza, e lo sarei stata anche se fossi stata un metro e ottanta. Posso ricevere tutti i rifiuti del mondo, ma deve essere per questo, non perché sono disabile.
Quanto fanno male gli stereotipi (anche) buonisti?
Moltissimo, perché ingabbiano, ti tolgono la libertà. La persona con disabilità è sempre vista come buona, intelligente, simpatica, speciale, remissiva. E invece può essere anche antipatica, competitiva, cattiva, proprio come tutti. Ma fa più comodo pensare che una persona sia buona e rassicurante, così si può tenere sotto controllo invece di relazionarcisi in modo paritario.
Io non appartengo a quello stereotipo rassicurante. In tal modo però divento una tua pari: una minaccia inaspettata.
E quanto sono retorici quelli che ti dicono “ c’è tanto da imparare da te”. Io non credo di avere nulla da insegnare agli altri.
Rivendico il diritto di essere diversa, altrimenti si appiattisce tutto. Non siamo tutti uguali, la diversità è sacrosanta!
Non voglio essere percepita né come vittima, né come supereroe per il solo fatto di essere disabile.
Voglio essere Armanda che nella vita ha difficoltà come tutti.
Che significato dai alla parola “disabile”??
Le parole sono molto importanti, hanno un peso. Disabile o la sua versione politicamente corretta che è diversamente abile puntano tutte sulla capacità, sull’abilità. Ma io non è che non sono capace di essere alta o di camminare bene, semplicemente non sono alta e non riesco a camminare bene ma ne sarei capacissima;). Ci concentriamo su questo mentre lasciamo “pensione di invalidità” come definizione del sostegno economico dato alle persone che non possono sostenersi da sole. Invalidità uguale non valido. Ma scherziamo?
La parola integrazione significa rendere intero, pieno, perfetto ciò che è incompleto o insufficiente, aggiungendo il necessario o supplendo il difetto. Questo c’è scritto ne vocabolario Treccani. Quindi c’è uno sforzo verso il basso da una parte e uno sforzo verso l’alto dall’altra. Nessuno è libero di essere ciò che è veramente.
Anche inclusione, sembra che ti stiano facendo un favore…quindi no, non auspico un’integrazione né un’inclusione. Io vivo il mondo come tutti, ecco questo voglio.
Tornando al valore delle parole, come si integra questo concetto in Sensuability?
Sensuability parte proprio dal linguaggio come espressione creativa, di comunicazione e cultura per parlare e vedere la disabilità e la diversità in modo differente, leggero, senza vittimismo e pietismo.
Un esempio di bella televisione che tratti di disabilità?
La serie Speechless, senza dubbio e per il cinema il film “The Sessions”.
Cosa ne pensi dell’assistenza sessuale?
È un argomento complesso e delicato e ci sono persone che se ne stanno occupando in maniera egregia. Noi non ce ne occupiamo. Ma posso dirti cosa ne penso. È una figura fondamentale, deve essere una scelta che attiene alla sfera privata delle persone, utilissima nei casi di disabilità cognitive o fisiche gravi e soprattutto un aiuto fondamentale per le famiglie che sono sole ad affrontare questa fase nella vita dei figli. Viviamo in un paese che si scandalizza e condanna i disabili che cercano sesso a pagamento ma che tace sul fatto che molto spesso sono le madri a soddisfare i bisogni fisici dei figli. E per quanto riguarda le donne disabili la situazione è ancora più difficile. Perché anche nel campo della sessualità sono discriminate.
Qual è quindi il vostro obiettivo?
Che non ci sia più bisogno di fare un film, una mostra o educare e informare su questo tema. Che non se ne parli più ma diventi parte naturale della vita di tutti.
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In quest’articolo Tom Tucker ha unicamente sottoposto le domande all’intervistata e ne ha trascritto fedelmente le risposte inviategli, come da cortese richiesta di Armanda Salvucci.