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Omotransfobia in Italia: tra i convegni in università e i vicini di casa

Omotransfobia in Italia: tra i convegni in università e i vicini di casa. Quanto le persone LGBTQIA+ devono subire sempre la stessa retorica? Quanto ancora dovranno andare avanti ad incassare colpi? Vediamolo insieme.

Omotransfobia negli istituti scolastici

Nelle giornate del 19 e 20 Aprile, giusto pochi giorni fa, si sono tenuti a Catania alla sede del Rettorato diversi convegni. Tra questi uno in particolare ha ospitato personalità critiche. Parliamo della psichiatra e senatrice Paola Binetti, assieme ad altre figure come Gambino, medici e giuristi di Scienza & Vita. L’incontro, intitolato “La disforia di genere nei minori e la carriera alias negli istituti scolastici: questioni mediche, antropologiche e giuridiche“, non avrebbe interpellato queste stesse realtà, ma sarebbe stato organizzato solo per promuovere terrore e pregiudizi pregni di omotransfobia nell’ateneo.

La reazione dell’ateneo e delle associazioni

L’associazione OPEN di Catania, assieme ad uno squadrone di ragazzi, hanno preso d’assalto il convegno. Niente violenza, niente gesti estremi, solo la loro potentissima voce. Accompagnati da striscioni e una fortissima presenza, hanno lasciato che fossero persone transgender e queer a parlare. In prima linea una ragazza trans, membro dell’università che, accompagnata da una seconda persona, ha letto un testo molto profondo e diretto.

Comizi estremisti e transfobici

Così viene introdotto il video pubblicato sulla pagina Instagram di OPEN Catania: “Le studentesse e gli studenti di questo ateneo non sono d’accordo; i docenti, le persone trans, le persone queer, le donne qui presenti non sono d’accordo. Questo convegno è una vergogna. Venite qui, a casa nostra, nel simbolo di tutta l’università per fare i vostri comizi estremisti e transfobici. E per questo abbiamo una sola cosa da dirvi: vergognatevi”. Un messaggio di solidarietà diffusa che non solo coinvolge tutto il corpo studenti, ma connette anche i docenti un una bellissima rete solidale. Una sola voce unita contro le ingiustizie.

Non potete definire le nostre vite come criticità

Prosegue così: “In questo convegno ci venite a parlare di disforia di genere, di carriera alias e di bloccanti della pubertà senza interpellarci, ma chiamando invece come relatori personalità politiche come la senatrice Binetti o il signor Gambino che conosciamo molto bene per la loro lunga lista di dichiarazioni pubbliche in cui viene definita la disforia di genere come un disagio da dover trattare e riparare. La senatrice Binetti è la relatrice di un passaggio intitolato: “Disforia di genere come criticità transitoria nel processo di maturazione personale“. Ebbene, si vergogni a definire le nostre vite come criticità, come anormali rispetto al modello che voi state portando avanti“.

L’omotransfobia si combatte con mezzi sani come le carriere alias

Sappiamo benissimo quanto questo semplicissimo procedimento regolamentato sia in realtà salvavita. Ne abbiamo discusso ampiamente anche in altri contesti. Ancora oggi non riesco a capire, invece, come sia possibile voler spazzare via con queste pessime decisioni il duro lavoro per i pari diritti. “In questa città abbiamo lottato per avere la carriera alias nell’università, da studentessa del liceo ho portato la carriera alias nel mio istituto, il primo di Catania, e presto tante altre scuole ne hanno seguito l’esempio“. Questa è la realtà dei fatti: che ancora oggi dobbiamo chiedere il permesso, dobbiamo lottare, dobbiamo vedere questi diritti venir strappati dalle nostre mani.

Non volete far altro che toglierci i diritti

Ma il loro discorso nocivo non finisce qui. Perché, oltre ad attaccare l’identità di una persona, adesso questi perfetti sconosciuti devono metter mano anche alla salute altrui. E nessuno dovrebbe metter bocca a come una persona voglia gestire il proprio corpo. E invece: “Volete portare avanti l’assunto che le terapie che bloccano la pubertà siano pericolose per gli adolescenti che ne fanno uso, le definite anormali, contro la morale, la vostra morale. Definite i genitori dei adolescenti trans degli irresponsabili, e dietro la menzogna della salvaguardia di minori non volete far altro che toglierci i diritti, ecco il caso dell’ospedale Careggi“.

Non c’è spazio qui per voi

Questi giovani ragazzi non solo hanno provato a fermare tutto questo, ma non si sono arresi al primo rifiuto. Anzi, hanno dichiarato apertamente anche gli ostacoli che gli si sono parati davanti. “Abbiamo provato ad impedirvi di essere qui oggi, lo abbiamo fatto. C’hanno risposto che ogni voce ha il diritto d’essere ascoltata. Non sono d’accordo. Le vostre voci promuovono un messaggio transfobico e discriminatorio che lede le nostre identità. Questo convegno transfobico, alla stregua di uno neofascista o razzista, non ha nessun diritto di esistere. Noi vi vogliamo fuori da questa università! Non c’è spazio qui per voi“.

L’omotransfobia si presenta così

La mia riflessione, modesta che sia, è questa. Perché dovete parlare delle realtà transgender senza interpellare i diretti interessati? Perché dovete portare in un posto sicuro i vostri discorsi discriminatori e transfobici? Cosa ci state guadagnando? Una figura pessima pubblica? Ma poi, dico io, da quanto in qua è normale parlare di tutto ciò che non si conosce? Anche perché solo prendendo in mano la ricerca e i casi studio disponibili su Internet, quindi facilmente accessibili, tutte le tesi promosse in questo convegno cadrebbero di colpo. Tutti gli altarini verrebbero scoperti. E rimarrebbe solo la pura e cattiva ignoranza, l’omotransfobia pura.

L’omotransfobia è radicata fino ai vertici più alti

Ancora va di moda spingere la propria opinione disinformata, ricca di pregiudizi e stereotipata. Eppure nessuno vuole compiere lo sforzo di aprire la propria mente. Esempio banalissimo: se non so una cosa due sono le mie possibilità. O m’informo, e quindi la conosco, o mi sto in silenzio, perché non saprei cosa sto dicendo. Invece molto spesso, soprattutto nei casi di figure pubbliche perciò protette, questo ragionamento non avviene. Ecco perché poi un capo di Stato può dire che le persone dello stesso sesso hanno le unioni civili, quindi perché scendere in piazza a rivendicare diritti. Peccato che poi si tolgano i genitori dagli attestati dei figli di coppie omogenitoriali. Va ancora bene andare avanti a suon di omotransfobia?

L’omotransfobia può arrivare a prendere decisioni estreme

E se non veniamo fermati nel bloccare determinati discorsi veniamo poi assediati subito dopo. I media distruggono la nostra opinione, ci rendono i cattivi, gli estremisti e quelli malati da rinchiudere. E poi? E poi succede come in Russia, che parlare di discorsi LGBTQIA+ ti porta in carcere. Ti fa diventare un fuorilegge. Possibile mai che questo sia il futuro che ci aspetta? Un futuro di progresso, di crescita, di evoluzione? Qui più passano gli anni e più le leggi ci uccidono. Poi, mi raccomando, zitti e muti, perché l’omotransfobia uccide, ma lo fa ogni giorno in silenzio senza percosse e senza armi. Ma il DDL Zan non sarebbe servito a nulla, eh già.

Non li fermano manco multe e reclusione

Una donna di quasi 80 anni, a Pescara, è stata condannata per diffamazione. Cosa c’entra adesso? Ebbene la signora Nicolai, autrice di libri e collaboratrice di riviste, scrisse questo: “rimandiamo a casa il ragazzetto stupido e saccente regalandogli insieme al biglietto di sola andata una panchina colorata che lo qualifica meglio di qualsiasi marchio“. Andrea Paci, un 35enne apertamente omosessuale, era semplicemente il suo vicino. Ma dal 2016 al 2020 era stato riempito d’insulti omofobi. Due anni fa era stata condannata per lo stesso crimine. Mica è stata fermata dalle multe e dalla reclusione.

Condanni ma non salvaguardi

In Italia c’è questo potere ingestibile: quello di poter ferire una persona senza nemmeno puntarle un’arma. E le querele non bastano, le sentenze penali non li fermano. La gravità delle affermazioni diffamatorie neanche lascia spazio alla possibilità di una recidiva agli occhi degli altri. Perché, dopotutto, che starà mai dicendo. Che potere avrà mai. Quel 23 Settembre si è stabilito che l’omofobia non è un’opinione, ma un reato. E in tribunale. Eppure non è cambiato niente. Siamo tutti solo come un “simpatico diverso, che per fortuna non rappresenta nessuno“. Tanto c’è solo bisogno di “mettere in mostra la [propria] diversità“.

Tu lotti, e poi passeggi con persone che ridono di te

Non è bello sentirsi umiliato e doversi relazionare con offese ed insulti omofobi, né è piacevole girare per il paese con persone che ridono di te“, questo dice Andrea dopo l’accaduto. In otto anni i giudici sono solo riusciti a condannarla tre volte. Perché dico solo? Perché tutto questo calvario non è stato mica interrotto. La Nicolai è andata avanti imperterrita anche continuando a dovergli soldi per questo. E nel frattempo Andrea subiva tutta questa violenza psicologica. Non si è giunti veramente alla parola fine.

La realtà dei fatti è questa

Oggi attacchiamo i ragazzi perché fanno ciò che vogliono con il loro corpo. Andiamo contro adulti consenzienti che intraprendono relazioni con lo stesso sesso perché non ci stanno a genio. E poi? Chissà. A questo punto possiamo anche considerarci direttamente dei fuorilegge. Ci azzannate nelle scuole e nelle università perché siamo anormali e contro la morale. Ci gridate contro come dei veri leoni da tastiera sui social perché esistiamo, prendiamo troppo spazio, siamo diversi. Ma appena proviamo a reagire otteniamo poco e nulla. Due manciate. fermiamo un convegno transfobico e condanniamo una donna omofoba tre volte per lo stesso crimine. Ma poi ci ammazzate e ci umiliate lo stesso. E smettiamo di vivere a causa dell’omotransfobia.

Lo so già che ci vorrà veramente molto tempo per far sì che la situazione in Italia cambi. Ma ce ne vorrà troppo affinché io possa rimanerci e viverci.

 

Aeden Russo

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