Il 27 Maggio è finalmente uscita la quarta, attesissima, stagione della popolare serie tv Netflix “Stranger Things“. O meglio, i primi 7 episodi della quarta stagione, alla quale seguiranno 2 episodi finali annunciati per il 1° Luglio. Se queste nuove puntate gettano un po’ di luce sulla natura degli strani fatti che coinvolgono la ormai non più tranquilla cittadina di Hawkins, restano ancora molti dubbi. Uno di questi riguarda uno dei protagonisti, proprio il Will Byers la cui scomparsa ha aperto la prima stagione.
Una buona parte del fandom, ha visto in Will dei possibili sottotoni queer sin dalla seconda stagione. Questi poi sono stati corroborati nel corso della terza stagione, sia dalla preferenza di Will verso Dungeons&Dragons piuttosto che per le ragazze sia dal coming out di un altro personaggio.
Anche il trailer della nuova stagione ha gettato benzina sul fuoco. Will viene mostrato alle prese con un progetto scolastico dedicato al matematico inglese Alan Turing, costretto negli anni ’50 alla castrazione chimica a seguito dell’arresto per omosessualità. Ma a conti fatti, negli episodi invece? Vediamolo insieme. Vi informo, però, che seguiranno spoiler! Non si tratta di un articolo su una serie nel suo complesso, ma verranno comunque menzionati momenti chiave dei nuovi episodi. Quindi, se non li avete ancora recuperati, consideratevi avvertit*.
Nuove e vecchie paure: l’adolescenza mostruosa di “Stranger things”
Questa nuova stagione si apre nel 1986, nove mesi dopo la chiusura drammatica della terza, in un momento di svolta per i protagonisti. I più giovani affrontano il primo anno di liceo sia ad Hawkins, come Mike, Lucas, Dustin e Max, sia in California, dove si sono trasferiti Eleven e Will. Nel frattempo Nancy, Robin e Johnathan sono alle prese con il diploma e la scelta del college.
In più, gli eventi della terza stagione hanno lasciato un segno profondo, sia per Hawkins che per i nostri protagonisti. In particolare, vediamo Max profondamente traumatizzata dalla morte del fratellastro Billy ed Eleven alle prese con una vita senza poteri. Bullismo, drammi da liceo, dubbi sulla propria identità…tutti “mostri” metaforici tipici di un periodo cruciale come quello dell’adolescenza. Su questi poi si innestano mostri “reali”, provenienti dalla dimensione distorta del Sottosopra, perché che “Stranger things” sarebbe senza di loro? In particolare, dopo il demogorgone e il mindflyer, questo nuovo mostro “della stagione” sembra agire proprio nelle pieghe più oscure della psiche dei nostri protagonisti. Porta fuori, letteralmente, i drammi interiori che disperatamente cercano di nascondere agli altri.
Will Byers: l’ennesimo queerbaiting?
Parlando di cose nascoste, questa serie fornisce una risposta alle speculazioni del fandom su una possibile lettura queer del personaggio di Will Byers? La risposta è no. O meglio, non lo fa chiaramente. Come già menzionato prima, nel primo episodio Will viene visto con un cartellone in cui indica Alan Turing come il proprio eroe personale. Nello stesso episodio, viene visto rifiutare le attenzioni di una compagna di classe. Eleven, invece, specula su un possibile interesse romantico del fratello adottivo, proprio mentre questi viene mostrato lavorare ad un dipinto che poi scopriremo essere un regalo per Mike.
Proprio nei confronti di Mike, il suo migliore amico e fidanzatino di Eleven, Will viene mostrato come ambivalente e combattuto. La serie sembra mostrarci i dubbi su un rapporto che viene sempre più complicato dai sentimenti dell’adolescenza. Ad esempio, è proprio con Mike che Will parla della difficoltà di tenere nascosti i propri sentimenti per la paura della reazione dell’altro. Per quanto inserito in una conversazione sul rapporto tra Mike e Eleven, è inevitabile leggere l’autorefenzialità del discorso di Will.
Al contempo, però, la serie non fornisce alcuna risposta definitiva, nessun indizio conclusivo e nessun coming out come quello di Robin nella seconda stagione. Inevitabilmente quindi, divers* fan hanno espresso la propria frustrazione davanti a quello che sembra essere l’ennesimo caso di queerbaiting.
“Stranger Things” ha un problema di rappresentazione?
Nelle passate stagioni “Stranger Things” non si è fatta troppi scrupoli a mostrare relazione tra adolescenti, sia in riferimento al tira-e-molla Nancy/Johnathan/Steve sia ai giovani sentimenti romantici di Mike e Eleven, Dustin e Suzie, Max e Lucas. Al contempo, la sfera romantica di Will non sembra essere affrontata se non in poche linee di dialogo. In più anche Robin, dichiaratamente attratta dalle altre ragazze, viene rappresentata per ora solo alle prese di infatuazioni senza alcun seguito.
Ma se Robin ha avuto la possibilità di aprirsi, anche se solo con Steve, l’orientamento di Will viene ancora affrontato in punta di piedi, sia nella serie che fuori. Da questo punto di vista, le accuse di queerbaiting sembrano sensate soprattutto a fronte della mancanza di narrazioni aperte sull’adolescenza queer.
Lo stesso Noah Schnapp, che interpreta Will Byers, è stato interpellato sulla questione senza però dare alcuna risposta definitiva. Infatti, lascia allo spettatore l’interpretazione senza necessariamente doversi appellare ad un’identità specifica. Senza voler sminuire la frustrazione, validissima e giustificatissima, di buona parte della fanbase, questa interpretabilità dell’arco di Will ha i suoi punti di forza.
Dentro i dubbi e le paure di un adolescente
Innanzitutto, riflette tutte quelle difficoltà a definire la propria identità nel momento della crescita e della scoperta dei propri sentimenti. Quello che vediamo è un Will Byers alla ricerca del proprio posto nel “mondo degli adulti”, in difficoltà a capire e definire se stesso. Ancora alle presi quindi con il conflitto tra infanzia e crescita che lo vedeva coinvolto nella terza stagione.
Il tutto in un contesto tutt’altro che facile. In primo luogo, gli eventi delle precedenti stagioni che l’hanno visto per ben due volte separato dai suoi compagni. In secondo luogo, un contesto sociale e storico sicuramente non dei più accoglienti nei confronti delle persone queer. Era già stato menzionato nelle scorse stagioni come Will subisse angherie per il suo animo sensibile e gentile, sia dai compagni di scuola che dal padre. In più, non va dimenticato come “Stranger Things” sia pur sempre ambientato negli anni ’80 proprio negli anni della presidenza repubblicana di Raegan. Uno dei decenni più drammatici e difficili per le persone queer, sia negli USA che nel mondo.
A parlare di discriminazioni è Robin nel primo episodio, che fa capire a Steve quanto i rischi di confessare i propri sentimenti ad un’altra ragazza sono ben maggiori di quelli che lui potrebbe affrontare. Will stesso potrebbe quindi non avere la sicurezza e gli spazi necessari per affrontare dei sentimenti non eteronormati.
Queerer things?
Come ultima nota vorrei aggiungere come l’esperienza di Will Byers sia un’esperienza queer, che vengano o meno confermati i suoi sentimenti per Mike. Questo, ovviamente, intende il senso più letterale del termine. Will, infatti, viene mostrato come un ragazzino da una spiccata sensibilità che non si fa problemi a nascondere andando contro ai modelli prescritti dalla mascolinità tossica. Non si conforma quindi ai modelli imposti di genere e neppure di etero-allosessualità, con i quali non si trova a proprio agio a differenza degli altri protagonisti.
Possiamo parlare di queerbaiting? Ni. Come sottolineato prima, alcuni punti critici portati avanti dalla fanbase sono decisamente validi. Bisognerà sicuramente attendere gli episodi finali per tirare conclusioni su questo e la frustrazione è comprensibile. Al contempo, non si possono non mettere in evidenza anche gli aspetti positivi dell’arco di crescita di Will Byers. La sua è infatti la storia di un adolescente poco conforme, intrappolato tra infanzia ed età adulta alle prese con sentimenti che potrebbe non avere ancora gli strumenti per definire e gestire.
Sensazioni queste che sicuramente molti adolescenti queer hanno affrontato e stanno tuttora affrontando. Soprattutto ci fa riflettere come trovare la propria identità e poterla esprimere sia stato in passato, e spesso lo sia ancora oggi, un privilegio più che un diritto.
Ziggy Ghirelli