Maria Paola Gaglione è il nome della ragazza di ventidue anni, uccisa a Caivano in provincia di Napoli, per una storia d’amore con un ragazzo trans.
Nell’ultima settimana sono stati molti gli episodi di violenza.
Il brutale pestaggio avvenuto a Colleferro, in provincia di Roma, che ha portato all’uccisione di Willy Monteiro Duarte, è solo la punta di un iceberg composto da odio.
La notizia che a Bologna, nelle prossime settimane, verrà dedicata una via a Marcella Di Folco, persona trans che ha sempre lottato per i pari diritti, ci ha donato un po’ di colore per qualche giorno.
Ora, purtroppo, dobbiamo raccontarvi l’ennesima vicenda triste, che “sa di nero” e che copre le sfumature dell’arcobaleno.
Da un paio di giorni rimbalza sui giornali, telegiornali e programmi tv la morte di Maria Paola Gaglione.
Una ragazza di ventidue anni uccisa dal fratello, perché non accettava la storia d’amore tra lei e un ragazzo trans che aveva iniziato da poco il percorso, Ciro.
Come riporta “Il Messaggero”, infatti, Michele Antonio Gaglione ha ucciso la sorella perché Ciro l’aveva infettata.
Avete letto bene, purtroppo.
A noi non risulta che le due vittime avessero il Covid o quant’altro e nemmeno che una storia d’amore tra persone LGBTQ+ si curi con del paracetamolo o similari.
Eppure, nel 2020, c’è chi pensa ancora questo.
Ragazza uccisa a Caivano, il fratello che ha ammazzato la sorella: “Non voleva ucciderla, volevo solo darle una lezione. Era stata infettata”.
Il fratello di Maria Paola Gaglione, la ragazza di ventidue anni uccisa a Caivano in provincia di Napoli, si difende dicendo che non voleva ucciderla e che voleva solo darle una lezione in quanto infetta.
Per questo motivo, nella notte tra l’11 e il 12 settembre, ha inseguito la coppia che viaggiava su uno scooter.
Il ragazzo, in sella al suo ciclomotore, secondo la ricostruzione degli inquirenti e alle confessioni rilasciate dal giovane, ha iniziato a prendere a calci il motorino di Ciro.
Lo speronamento è durato per diversi istanti, fino a quando la ragazza transgender non ha perso il controllo del mezzo.
Cadendo, Maria Paola Gaglione, ha sbattuto la testa e ha perso la vita.
Ciro, invece, nonostante le contusioni dovute all’incidente, è stato anche pestato da Michele Antonio.
L’assassino (è giusto chiamare le persone con il proprio nome) si è fermato solo quando si è accorto che la sorella era morta.
Inizialmente l’uomo rispondeva di lesioni personali, ma la sua posizione si è aggravata e ora, il 30enne, è finito in cella per omicidio preterintenzionale e violenza privata aggravata dall’omofobia.
La sua giustificazione una volta catturato dai Carabinieri è stata alquanto singolare: “Non volevo ucciderla. Volevo solo darle una lezione. Era stata infettata”.
Parole, a nostro avviso, che dovrebbero aggravare ancora di più la sua posizione.
Le affermazioni del giovane sono rimbalzate su tutti i Media di comunicazione e anche programmi tv in prima serata ne hanno parlato.
Da quello che sta emergendo, inoltre, sembrerebbe che i genitori di Michele Antonio e Maria Paola Gaglione non siano omofobi.
La mamma, in particolar modo, sembrerebbe aver detto che ai figli bisogna voler bene così come sono.
Se i genitori sono di questa veduta, la domanda che ci poniamo è: da dove è scaturita tutta questa violenza da parte di Michele?
Questo è un altro tassello che conferma quanto sia fondamentale la legge contro l’omobitransfobia.
Avete mai sentito di uno scooter speronato o di persone ammazzate perché eterosessuali? Noi no.
Nel nostro piccolo vogliamo dare un forte abbraccio a Ciro e salutare, alzando gli occhi verso il cielo, Maria Paola.
Simone D’Avolio