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Bias cognitivi ed esperimenti sociali: il lavoro di AbiCocca

Bias cognitivi ed esperimenti sociali: il lavoro di AbiCocca. Mi è capitato un video su TikTok che mi ha fatto riflettere. Ma ciò che c’era alle sue spalle ancor di più. Vediamolo insieme.

Bias cognitivi: da dove nasce questo esperimento?

Un video su TikTok ha fatto scalpore ed è andato virale. Una ragazza, davanti ad una telecamera, parla della sua esperienza. Esce con un ragazzo, si conoscono, poi arriva la rivelazione. È una ragazza transgender. Il ragazzo si altera, dice che si vedeva, e va a puntare tutte parti del corpo sue. Lei esordisce che ha speso un sacco di soldi per avere questo passing, e che la sua è stata disonestà intellettuale. Poi chiude il video augurando alle ragazze come lei il meglio e di non incontrare persone così. Questa sceneggiatura, in realtà, è servita a rivelare proprio quei bias, quei pregiudizi che tutti noi abbiamo. Ma prima di scendere nel dettaglio vi riporto il video in sunto nel paragrafo successivo.

Il succo del racconto sui social

“Ecco cosa mi è successo: stavo uscendo con un ragazzo e gli ho confessato di essere transgender. Da quel momento è cambiato tutto, dice che se ne era già accorto. Ho sempre cercato di migliorarmi per passare, ma quando faccio coming out mi dicono che si vedeva già. È disonesto e fa soffrire. Non è facile vivere in una società che deride persone transgender. Spero che le donne come me possano evitare persone così. Vi auguro il meglio, incontrate persone che vi meritano”. Da questi presupposti penseresti veramente una miriade di cose sul conto del ragazzo e della ragazza. Insomma, tutti quei bias di cui parlavo prima. E AbiCocca ha pensato proprio a questo.

Bias cognitivi: ne è la prova questo esperimento

“Questo video è andato un botto virale (…) però è fake. La ragazza in questione non è trans, è un’attrice che io ho ingaggiato per fare un esperimento sociale, che direi che è andato molto oltre le mie aspettative. (…) Volevo prendere una ragazza femminile che neanche a sforzarti potresti immaginarla con un passato maschile. Il video, infatti, è stato studiato apposta come esperimento sociale. E Dalia Smeraldi, in arte AbiCocca, lo sa bene. E, con uno stratagemma ben architettato, ha condotto all’insaputa di tutti un test proprio sull’argomento. Perché insaputa? Perché anch’io non pensavo fosse fake il racconto, e sono ricaduto in quello che poi Dalia ha spiegato essere un banale bias cognitivo. Vediamo di più.

Il video integrale dell’esperimento sociale

Ma cosa significa quindi? Cos’ha provato?

Ho esaminato e visto il video che ha proposto sulla sua piattaforma YouTube, così da portarvi per intero le sue osservazioni. Io ve le riporto qui quanto più fedeli possibili, ricollegandomi a diversi punti salienti in ordine sparso. Partiamo dalla spiegazione cognitivo-comportamentale. Perché ci siamo cascati? “Basta che ad una persona gli metti l’informazione della transessualità nel discorso e loro cominciano a vedere i fantadraghi, che è quello che è successo. (…) Voi, ormai, avete nel vostro cervello inserito questa informazione qua. Dal momento che voi l’avete inserita condizionerà l’immagine che prima non riuscivate a vedere e adesso vedete. Dal momento che una persona sa che sono trans, la percezione che quella persona ha di me cambia”. Ecco il famoso bias cognitivo di cui si parlava.

Bias cognitivi: gentilezza e carineria mascherano la transfobia

Adesso vediamo qual è stata la risposta invece dell’utente medio. Parliamo di informazioni raccolte da più piattaforme, compresi video ripubblicati senza il consenso di Dalia della vicenda. “‘Non lo avrei mai detto‘, ‘Non ci credo‘, ‘Hai raggiunto un ottimo risultato‘, ‘Complimenti anche per la voce che è super femminile‘, certo è inevitabile che, in una società basata sull’apparenza, le persone tenderanno a notare queste cose. Ma questo è parte del problema. Perché non è detto che una persona possa raggiungere quei risultati. E spesso nemmeno una donna cis può, se non è stata benedetta dalla genetica. È meno una donna per questo?”. Andiamo a vedere, quindi, tutti quei bias che sia donne che persone trans si ritrovano ad affrontare.

Perché subito incolpare la donna per qualcosa detta ai suoi tempi?

Andiamo più nel dettaglio, perché Dalia ha evidenziato altre macrocategorie che hanno bisogno di essere viste attentamente. “La seconda tipologia di commenti, invece, a livello di maggioranza, è ‘lo dovevi dire prima’. Orde di uomini che commentano adirati il fatto che doveva dirlo subito. (…) non è che lei nel video diceva: mentre stavamo facendo sesso dopo 4 anni di frequentazione gliel’ho detto. Tecnicamente gliel’ha detto subito. (…) Questa cosa che tu devi dirlo per forza come se tu fossi un impostore e tu volessi ingannare la gente, quando in realtà un uomo non è costretto a dirti che ce l’ha piccolo, non è costretto a dirti che c’ha una palla sola, non è costretto a dirti i suoi problemi ormonali, non è costretto a dirti se ha problemi di disfunzione erettile, non è costretto a dirti traumi sessuali che ha vissuto, eccetera. (…) Devi lasciare la possibilità al maschio di salvarsi, perché sono gusti e gusti. Ma non è l’unico bias raccapricciante che è stato evidenziato.

Bias cognitivi: tutte le osservazioni da far rabbrividire

Ma ecco che arriva la parte più spaventosa di tutto ciò. “Ora, questa ragazza in questione è nata femmina, è sempre stata femmina, lo è ancora, lo sarà fino alla sua morte, non ha niente di maschile eppure nella terza categoria di commenti la insultano dicendo che si vede. ‘Si vede dalle spalle squadrate‘, ragazzi… ha letteralmente una giacca. La giacca con le spalline. (…) Altri ‘non sarai mai una donna‘, altri ‘dal pomo d’Adamo‘”. Insomma, tutta una sfilza di commenti stereotipati e pregiudicanti sulla povera ragazza. Tutti quei bias che la nostra società spinge e promuove. E, in tutto questo, parliamo di un’attrice nata donna. Quindi osservazioni completamente infondate, ma dettate solamente da ciò che gli si è voluto far credere e che a loro non sta bene.

Perché l’aspetto fisico ha così tanta rilevanza per essere una donna?

Vorrei lasciare ulteriore spazio all’operato di Dalia, riportando tutta una serie di giuste osservazioni e pensieri che condivido apertamente con lei. Durante il video infatti dichiara: “Il passing e la bellezza, che non sono la stessa cosa, determinano esattamente la validazione e il rispetto che la società ti dà. Lo possiamo vedere sotto quasi tutti i video di persone trans. (…) devi essere letteralmente perfetta, nessun difetto è ammesso. Ed è per questo che una persona non vuole sembrare trans, non perché essere trans di per sé è una cosa brutta di cui vergognarsi”. In questo spezzone, se non erro, ha parlato anche di Yole, in arte Fumettibrutti, attivista e illustratrice molto celebre. Ultimamente ha rilasciato un’intervista parlando, come spesso fa, della sua storia personale, venendo colpita duramente da commenti inopportuni sulla sua identità e aspetto fisico. Una donna che io considero anche attraente, di bella presenza, ma soprattutto femminile. Ma questo è solo un mio appunto estetico. Fatto sta che questa reazione è proprio testimone di tutti i bias che ci portiamo dietro.

Bias cognitivi: significa anche beccarsi la merda, sempre

Una frase di Dalia mi ha colpito duramente. “Noi viviamo le stesse cose negative che vivono le donne, a livello sociale intendo, più tutte le cose negative che vivono le persone trans. Perché tu sei donna ma sei anche trans, sei trans e sei anche donna, quindi ti becchi la merda di tutt’e due le categorie. E vorrei aggiungerne una parte. Anche per me, che sono nato biologicamente donna, è la stessa cosa. Sono una persona non binaria, quindi trans, ma sono anche uno scherno. Uno scherzo. Sarò sempre il sesso assegnatomi alla nascita, una ragazza confusa plagiata dalla società e dalle mode. Quando, in realtà, sono molto più della mia identità di genere. Ma smontare questi bias sociali e cognitivi non è possibile dal singolo. Dev’essere un lavoro congiunto.

Ma sapete cos’è la transfobia?

Vi lascio, per chiudere, un bellissimo trafiletto sempre di Dalia su che cosa sia la transfobia. Così da darvi chiari esempi di bias della nostra società. “‘Questa non è transfobia’ (…) ma voi lo sapete cos’è la transfobia? (…) non è che o ammazzi o pesti di botte una persona trans, oppure non sei transfobico. (…) Transfobia è non mettersi e non frequentare una ragazza trans perché si ha paura del giudizio degli altri, transfobia è non rispettare la persona trans e invalidarla, discriminarla, toglierle la sua identità per darle quella che hai deciso tu. Ma saprò io chi sono o no? (…) Darmi del maschile di proposito è transfobia. (…) Dire che sono un uomo rientra nella transfobia. Pararsi e usare la scienza come scudo per delegittimarmi è transfobia. (…) Pensare che le persone trans sono malate è transfobia, e questo è successo più volte anche sotto al video dell’esperimento con l’attrice. Prendere per il culo il vostro amico perché magari si frequenta con una ragazza trans è transfobia. Non dare in affitto una casa ad una persona trans è transfobia. Non prendere una persona al lavoro perché è trans è transfobia”.

Una piccola riflessione finale su questi bias

Il lavoro di Dalia è stato magistrale. Consiglio caldamente a tutti di recuperarvi il video da lei realizzato al riguardo. Perché c’è bisogno che esperimenti di questo calibro vengano alla luce. C’è bisogno di studiare seriamente queste reazioni sociali e ambientali, i bias che ci portiamo dietro da troppo tempo. Sfortunatamente la mentalità di tutti è ancora questa. Ho scritto diversi articoli al riguardo, che vi consiglio caldamente di recuperare. Ma vogliamo veramente vivere ancora così? Vogliamo seriamente basarci su queste nozioni infondate, sbagliate, che danneggiano non solo la comunità transgender ma anche i poveri malcapitati che vengono travolti da quest’onda d’odio? C’è bisogno di più chiarezza, c’è bisogno di più informazione sana e reale di ciò che viviamo.

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Spero che il duro operato di Dalia non passi inosservato, e che la nuda e cruda verità si faccia avanti. Ma soprattutto spero che l’esperimento nella sua interezza diventi virale.

 

Aeden Russo

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