Arisa e il suo discorso controverso sulla comunità LGBTQIA+: cosa c’è da dire al riguardo? A quanto pare molto, perché per quanto sia partecipe ai Pride, non ha imparato moltissimo. Ebbene, vediamo insieme dove ha commesso errori.
La Confessione di Arisa sulla comunità LGBTQIA+
Ospite d’eccezione per la prima puntata della nuova stagione di “La Confessione“, Arisa ha fatto parlare di sé. Insieme a Peter Gomez, ha tentato di affrontare un discorso causando un certo sgomento. I fan non sono molto contenti, soprattutto dichiarando di prendere posizione favorevole verso la Meloni. Sì, perché gli attacchi contro la comunità LGBTQIA+ per lei sono legittimi. Anzi, dichiara: “Se mi piace Giorgia Meloni? Sì. Questa cosa mi verrà contro. I miei amici mi avevano sconsigliato di fare questo discorso perché mi avrebbero additato di essere fascista“.
La cantautrice non saprebbe neanche cosa significhi LGBT+
La cosa più sconcertante è che, nonostante sia stata ospite di numerosi eventi solidali alla comunità, non sappia cosa vuol dire l’acronimo. Così ne parla alla trasmissione: “Eh, penso lesbiche, gay, ‘t’ non lo so“. Al che Gomez suggerisce bisessuali e trans. Così continua: “Ma io penso che sia tutti. Pansessuali… Penso che in questa sigla si possa racchiudere un po’ tutto. Sono un’icona per loro ma io in realtà capisco questa cosa ma fino a un certo punto, perché quando faccio qualcosa la faccio per tutti. Per me i diritti sono di tutti, per me diciamo, non lo so…”. Una dichiarazione estremamente pericolosa, per una persona attiva per la comunità come lei.
E sulla genitorialità ha anche altre opinioni
Nonostante per la cantautrice matrimoni ed adozioni gay non siano problematiche, la maternità surrogata è un passo di troppo. Un modo come un altro per diventare genitori, no? A quanto pare un po’ troppo illecito. “No, perché secondo me sarebbe… Prima di tutto è antifemminista, cioè nel senso per me è una cosa che va proprio contro le donne, questa cosa qui perché… Non lo so. Poi parlare di cose così importanti. Guardi, io non sono abituata. Io ho paura che diventi un commercio. E poi un bambino non si può avere come un paio di scarpe. E poi ci sono nei Paesi del mondo dei contratti in cui c’è scritto che se il bambino non è sano non viene consegnato”. Giusta la sua preoccupazione sui contratti illeciti che vengono sottoscritti, in alcuni casi le madri surrogate non vengono nemmeno tutelate, anzi sfruttate. Ma bambini commercializzati? Antifemminista? Affermazioni che sono assolutamente non necessarie, controverse, ma soprattutto pericolose.
Una piccola parentesi sulla maternità surrogata
Prima di tutto, come ricordato nel mio precedente articolo, a questa tipologia di genitorialità accedono perlopiù coppie eterosessuali. Ed è una pratica perfettamente normale! Se una madre vuole mettere al mondo una creatura e donarla ad una coppia desiderosa non diventa automaticamente antifemminista. Anzi, rispetta appieno l’idea femminista che tutti debbano avere pari opportunità e diritti. In più, personaggi famosi come Ronaldo e Kidman hanno avuto bambini da gestazioni surrogate, e nessuno sembrerebbe aver proferito parola. Perché fare allora due pesi e due misure in questa discussione? Le contraddizioni sono ovunque.
Ecco che Peter Gomez dice la sua
A farle notare la falla nel suo ragionamento è il conduttore stesso, che grazie al suo interprete ha cercato di far ragionare la cantautrice. Ha commentato così: “Sa cos’è? Che secondo me in democrazia è legittimo che piaccia chiunque si presenti in Parlamento o governi o sia all’opposizione. Il punto della contraddizione che probabilmente si potrebbe sollevare è quello rispetto ai diritti LGBTQIA+, nel senso che le posizioni di Giorgia Meloni, per usare un eufemismo, non sono troppo aperte“.
Nascondersi dietro la genitorialità non servirà
Preoccupante soprattutto voler affermare che la Meloni si comporta come una madre nei confronti della comunità. Un’affermazione non solo senza fondamento, ma anche contraddittoria: una madre non dovrebbe amare i propri figli a prescindere da chi siano e cosa vogliano essere in futuro? Ma no, per Arisa la sua politica omotransfobica sarebbe giustificabile, come se stesse proteggendo tutti noi. E così dichiara: “Sì, rispetto ai diritti LGBTQ+ le posizioni di Giorgia Meloni non sono troppo aperte. Però vede, lei si comporta come una mamma molto severa e molto spaventata. Una mamma che non è solo mamma di un figlio, ma di tre o quattro. Allora bisogna che lei faccia delle cose che vadano bene per tutti e quattro i figli, anche se a volte sembra a uno dei quattro che agisca in maniera poco… Ma secondo me ci vuole tempo e ci vuole anche, da parte nostra, un cambio di atteggiamento, non sempre in lotta ma in dialogo“.
Cara @ARISA_OFFICIAL una mamma può essere dolce o severa ma deve esserlo con tutti i figli, non fare figli e figliastri lasciando indietro uno dei suoi figli solo perché diverso dagli altri e trattarlo come un brutto anatroccolo: quella non è severa, è una mamma ingiusta #Arisa
— vladimir luxuria (@vladiluxuria) May 27, 2023
La cantautrice parla anche sui Pride
Come ribadito anche prima, è vero che Arisa è apparsa spesso ai Pride. Non è una figura ignota nelle nostre battaglie di piazza. La sua opinione al riguardo, però, potrebbe pregiudicarle il rientro: “Io vorrei cercare di ampliare un po’ la rappresentanza che abbiamo anche per quanto riguarda i media della comunità LGBT, perché la comunità LGBT non è fatta solo di macchiette, di cose oscene plateali, di plug-in, di cose così, ma è fatta di gente normalissima. Noi dobbiamo smettere di spaventare, dobbiamo anzi dimostrare che siamo gente wow, che la gente che fa un percorso, che fa una scelta difficile, sviluppa una sensibilità maggiore, di un grande dono per la comunità. E vorrei che la gente avesse la pazienza di spiegare le cose, perché lei”, riferendosi a Meloni, “è veramente una tipa che ci può portare ad alti livelli perché ha molta cazzimma. A noi ci serve qualcuno che abbia cazzimma e sia dalla nostra parte. Però le cose devono avvenire gradualmente”.
Arisa ci tiene a farci sapere che “la comunità LGBTQ è fatta anche di persone normalissime”.
Nel 2023 siamo ancora qui, a questo tipo di pensiero, a questa narrazione pregna di stereotipi.
Che pena.
— Luca Caputa (@luca_caputa) May 27, 2023
Sull’intervento ne parla anche Fumettibrutti
L’autrice Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti, non è rimasta in silenzio davanti questa dichiarazione. Ecco che parte a rispondere a questa sua dichiarazione nelle Stories di Instagram, portando alla luce la sua realtà, quella di donna trans in Italia. “Comunque, non ho bisogno di madri severe ma di diritti di base, che mancano. Ogni volta che devo andare in ospedale e dire di essere transgender ho paura di trovare qualcuno che mi disprezzi, non dovrei ritenerla una fortuna quando non succede“. Continua poi riferendosi al discorso sulla “normalità”: “Un discorso del genere è molto ingenuo proprio perché per ragionare così significa che non crei conflitto nella società e questa non cresce, che tutto deve rimanere così com’è, e persone come il mio fidanzato devono sentirsi dire che prima o poi dovrà trovarsi ‘una normale’ che non sia io, o ancora peggio ‘fate tutto quello che volete ma a casa vostra e non alla luce del giorno’“.
Continua così Yole…
Fortissima la sua dichiarazione, che si staglia come un grido bianco su fondale nero pece, un po’ metafora della nostra società italiana. “Non devo ripetere tutto il tempo di essere perfettamente normale per farmi accettare, l’anormalità è vivere in un mondo che ragioni in questo modo“. Ancora, continua criticando l’intervista alla cantautrice, parlando di opportunità sprecata: “Quando hai un microfono in mano o la possibilità di farti ascoltare da tante persone, un discorso così ingenuo la vedo come un’occasione persa. Piuttosto meglio il silenzio, faremo a meno di alleate e alleati inconsapevoli come tutte le altre volte“.
Siamo in una situazione geopolitica critica, e lo ripetiamo da mesi, se non anni. L’Italia è il primo paese in Europa per numero di vittime di transfobia. È tra le ultime posizioni per diritti a supporto della comunità LGBTQIA+, ed è già stata condannata da Justin Trudeau, primo ministro canadese. Ti sveglierai, Italia? O soccomberai nelle mani di potenti politici amorali, che non tengono ai tuoi diritti?
Cara #Arisa, calpestare la dignità delle persone, negare diritti e libertà, alle persone #LGBT+ come alle donne, si chiama in un modo solo: discriminazione. Se fatta, poi, dalla politica diventa discriminazione di Stato. A noi della comunità dico: scegliamo meglio gli/le alleat?.
— Gianmarco Capogna ???? (@gmarcoc) May 27, 2023
Aeden Russo
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