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Polonia: aborto negato alle donne ucraine violentate dai soldati russi

Polonia nega aborto a donne ucraine violentate da soldati russi

In Polonia l’aborto è negato alle donne ucraine violentate dai soldati russi e che hanno cercato riparo. I recenti conflitti in Ucraina stanno mostrando picchi di violenza quasi anacronistici, è vero; le restrittive leggi di Varsavia in materia di aborto non fanno eccezione a questa situazione. Quella della capitale polacca è una delle leggi più strette d’Europa e garantisce il diritto alla pratica abortiva nel solo caso in cui sia a rischio la vita della persona incinta o quando la gravidanza sia frutto di incesto o stupro. Ciò nonostante, le pene potenzialmente previste per i medici che praticano l’aborto, rendono di fatto questi ultimi estremamente restii.

A mano a mano che il conflitto ucraino procede, si moltiplicano esponenzialmente le testimonianze dei crimini attuati dalle armate russe. Cécile Coudriou, presidentessa di Amnesty International France ha dichiarato a bmftv:

“Le testimonianze, se comprovate, segnalano ciò che possiamo chiamare dei crimini di guerra secondo il diritto internazionale, poiché si parla di stupri, torture, omicidi volontari contro dei civili”.

Krystyna Kacpura, direttrice della Federazione per le donne e la pianificazione familiare, in un’intervista rilasciata a Vice ha riportato che dall’inizio della guerra la sua organizzazione ha ricevuto circa 300 contatti da donne ucraine in tema di aborto. Si tratta di una media di 10 donne al giorno. Proprio per rispondere a tale richiesta, esiste ora una linea a ciò specificamente dedicata, con l’aiuto di un ginecologo ucraino, anch’egli fuggitivo.

La situazione in Polonia e il diritto di abortire negato alle donne violentate

Le donne ucraine di ogni età sono quindi attualmente sempre più frequentemente a rischio di gravidanze non pianificate. Per questo motivo, le Ong come Abortion Without Borders ricevono sempre più richieste di aiuto. La nazione polacca ha accolto circa 2,5 milioni di rifugiati dall’inizio del conflitto, ma in Polonia l’aborto viene spesso negato alle donne ucraine violentate dai soldati russi. Il parlamentare olandese Kim van Sparrentak ha infatti commentato:

“I soldati russi stanno usando la violenza sessuale come arma di guerra. Alcune delle vittime vogliono abortire al loro arrivo in Polonia. Altre vogliono interrompere la loro gravidanza perché sono finite in una situazione precaria a causa della guerra. Invece dell’aiuto, ora incontrano la resistenza delle autorità polacche”.

L’Unfpa (agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di salute sessuale) riporta che il 20% delle donne rifugiate ha già subito violenze carnali in conflitti precedenti. Il tema degli stupri sulle donne è infatti una delle più sistematiche e ricorrenti oscenità portate dalla guerra; in questo caso si ha al contempo la necessità di salvaguardare gli attivisti che si spendono per garantire tali diritti.

In questo quadro, è stato richiesto esplicitamente aiuto alla Commissione Europea. Sarà fondamentale trovare una soluzione per permettere che le donne vittime di violenza transitino agilmente in paesi europei disposti a offrire loro un effettivo supporto. È questo uno di quei casi in cui il frutto di crimini umani (e di guerra) deve essere contrastato con giuste prese di posizione di ordine morale: d’altronde quale morale potrebbe mai essere degna di tale nome, altrimenti?

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