L’omofobia ha un peso nella società odierna. Ma molto spesso ne dimentichiamo gli effetti devastanti che ha sulle persone, e soprattutto le vite che spezza. Parliamo dell’aggressione subita da due fratelli.
Omofobia, le minacce ai fratelli Angelini: quando l’odio entra nelle case
L’omofobia, ancora oggi, continua a manifestarsi non solo nei grandi fatti di cronaca nazionale, ma anche nelle pieghe più intime dei piccoli centri, dove la quotidianità dovrebbe essere sinonimo di sicurezza e familiarità. È ciò che è accaduto ai fratelli Angelini, Antonio e Vittorio, due giovani di Trasacco che da anni vivono apertamente il proprio orientamento sessuale e la propria vita affettiva senza nascondersi. Eppure, proprio nel paese in cui sono nati, cresciuti e dove hanno trovato il coraggio di vivere liberamente, si sono ritrovati ad affrontare una serie di minacce anonime che hanno scosso nel profondo l’intera comunità. “Se vi incontriamo per strada vi ammazziamo“, ha urlato una voce giovane e codarda al telefono. Quattro chiamate consecutive, tutte anonime, tutte intrise dello stesso veleno: un’ostilità gratuita che rivela quanto l’omofobia sia ancora lontana dall’essere sradicata. I due fratelli, che per anni hanno affrontato difficoltà legate all’accettazione di sé, ora si trovano a fare i conti con una violenza che non è solo verbale, ma potenzialmente fisica. Una violenza che non può essere ignorata né minimizzata.
La serenità ritrovata e interrotta
Quando Antonio racconta che c’è stato un tempo in cui lui e suo fratello si nascondevano, sembra di ascoltare una storia già sentita troppe volte. Ragazz* costrett* al silenzio, a mascherarsi, a soffocare la propria identità per paura del giudizio. Ma la loro storia, al contrario di molte, ha avuto una svolta felice grazie ai genitori, che li hanno presi da parte e hanno detto loro che non avrebbero più dovuto fingere. È qui che l’omofobia aveva perso una battaglia fondamentale: quella che si combatte in famiglia, sul terreno dell’amore incondizionato. Una carezza, una frase, un gesto di accoglienza sono bastati a regalare ai due ragazzi una seconda nascita. Da allora vivono a testa alta, fieri, liberi. Eppure, a distanza di anni, quella libertà conquista dopo lacrime e paura si è incrinata di fronte a una nuova forma di violenza. L’anonimato del telefono ha spezzato la quiete e messo di nuovo in discussione il senso di sicurezza, mostrando quanto fragile possa essere la serenità quando l’omofobia decide di insinuarsi nuovamente nella vita delle persone.
Omofobia nelle chiamate, la denuncia e l’intervento dei carabinieri
La vicenda ha assunto un tono ancora più inquietante quando, dopo la prima telefonata, le minacce sono proseguite. L’omofobia, in questi casi, non si limita a un insulto estemporaneo, ma sceglie di perseguitare, infastidire, intimidire. “La vostra presenza sporca questo paese“, hanno continuato a dire gli anonimi autori, raddoppiando il livello di violenza verbale. Antonio ha immediatamente riattaccato, mentre Vittorio ha provato a rispondere, ritrovandosi sommerso da insulti che nessun essere umano dovrebbe mai ascoltare. A quel punto i due fratelli hanno deciso di rivolgersi ai carabinieri di Trasacco, consapevoli che ignorare quelle minacce avrebbe significato legittimarle. Le forze dell’ordine hanno accolto la denuncia con serietà, offrendo un primo segnale di vicinanza e incoraggiando i ragazzi ad andare fino in fondo. Quando le chiamate sono riprese, i fratelli hanno registrato tutto e consegnato le prove agli inquirenti, che ora stanno lavorando per risalire all’autore (o agli autori) di questa violenza. È un passaggio fondamentale: l’omofobia non può restare impunita, e la legge deve essere uno scudo, non un miraggio.
Il ruolo della comunità e l’importanza del sostegno istituzionale
Il post scritto da Vittorio su Facebook, in cui afferma che “la dignità fa rumore più dell’anonimato“, ha fatto rapidamente il giro del paese e ha raggiunto anche il sindaco di Trasacco, Cesidio Lobene. In un territorio spesso raccontato solo per cronache negative o per stereotipi rurali, questa storia dimostra invece che una comunità può scegliere da che parte stare. L’omofobia, infatti, attecchisce più facilmente nel silenzio, nell’indifferenza, nell’idea che “sono problemi loro”. Ma in questo caso la reazione è stata netta: il sindaco ha espresso pubblicamente solidarietà, definendo le minacce come “un attacco ai valori fondamentali di rispetto e convivenza civile“. Ha inoltre dichiarato che, qualora i responsabili venissero perseguiti legalmente, il Comune si costituirà parte civile. Non è solo un gesto simbolico: è un messaggio chiaro, forte, politico. È un modo per dire che l’omofobia non può trovare spazio né nelle case né nelle strade di Trasacco, e che chi colpisce due cittadini per il loro orientamento sessuale colpisce l’intera comunità.
Omofobia: il coraggio personale è resistenza quotidiana
Al di là delle denunce e del sostegno istituzionale, resta il livello umano della vicenda. L’omofobia non ferisce soltanto fisicamente o verbalmente: intacca la quotidianità, erode il senso di sicurezza, prova a insinuare nuovamente quel dubbio che Antonio e Vittorio pensavano di aver sconfitto anni fa. Eppure, ciò che colpisce è la loro reazione: non c’è rabbia cieca, non c’è desiderio di vendetta, ma una presa di posizione lucida e dignitosa. “Su di noi non eserciteranno alcun potere“, dicono. È la risposta più forte che si possa dare a chi vive nell’anonimato e nella codardia. Ed è un messaggio che si estende anche a chi, come i fratelli Angelini, ha vissuto episodi di bullismo, minacce, discriminazioni. L’omofobia non può spezzare chi è stato abituato a rialzarsi, soprattutto se alle spalle c’è una famiglia che sostiene e una comunità che decide di non voltarsi dall’altra parte.
Una lezione per il territorio: reagire, denunciare, parlare
L’omofobia, come ogni forma di violenza, prospera quando trova terreno fertile fatto di silenzi, giustificazioni e paura. La storia dei fratelli Angelini, invece, racconta proprio l’opposto: racconta la potenza della denuncia, la forza del sostegno pubblico, la consapevolezza che il rispetto è un valore collettivo. Non è una semplice storia di cronaca locale: è uno specchio dell’Italia di oggi, dove da un lato esistono ancora giovani capaci di odiare e minacciare due coetanei solo per chi amano, e dall’altro esistono amministrazioni pronte a difendere i diritti dei propri cittadini. È un invito chiaro a reagire, a denunciare, a non accettare che la paura prenda il posto della libertà. Ogni atto contro l’omofobia è un tassello che costruisce un paese più sicuro per tutt*. E ogni storia come questa deve diventare un monito: l’odio esiste, ma la risposta collettiva può e deve essere più forte.
Ci sarà mai una fine a quest’onda d’odio? Oramai l’anno si chiude, ma i problemi rimangono ancora gli stessi da anni…
Aeden Russo
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