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Giochi di ruolo… arcobaleno! Ecco l’edizione 2022 della convention ‘PLAY’

Si apre questo fine settimana a Modena l’edizione 2022 del PLAY, convention che attirerà appassionat* di giochi di ruolo e da tavolo da tutta Italia. Da nerd patentato, che non potrà però andare in fiera, quale modo migliore per compensare se non esplorare le declinazioni che il gioco di ruolo assume quando incontra il mondo queer?

Gioco di ruolo, che cosa sono?

Il gioco di ruolo negli ultimi anni ha iniziato ad uscire dai circoli nerd e geek per entrare nella cultura più mainstream. Al contempo, soprattutto in Italia, è facile ancora ricorrere a stereotipi quando si affronta il tema. Il più conosciuto è probabilmente Dungeons and Dragons, gioco di ambientazione fantasy creato nei primi anni ’70 dagli statunitensi Gary Gygax e Dave Arneson.

Per descrivere il gioco di ruolo nei suoi minimi termini, si potrebbe intendere come una pratica ludica il cui divertimento è costituito nell’immersione in un contesto di finzione tramite l’interpretazione di un personaggio. Questo può avvenire online, attorno ad un tavolo (ttrpg o tabletop roleplay game in inglese) o anche portando l’interpretazione ad un livello più immersivo tramite l’incarnazione vera e propria del proprio personaggio inscenandone le azioni ed interazioni (larp o live action roleplay game).

Si può giocare da soli o in gruppo, online o in presenza, ma lo scopo rimane solitamente quello di creare collettivamente una narrazione. A seconda del gioco e del sistema di regole adottati, possono esserci anche ruoli diversi tra chi gioca con più o meno controllo sullo svolgimento degli eventi. In molti regolamenti viene inoltre previsto un elemento casuale, più o meno forte, per stabilire il corso di alcuni eventi. Di solito si parla di dadi, ma talvolta anche di tokens, carte o anche un gioco di morra cinese.

Stereotipi e realtà sul gioco di ruolo

Lo stereotipo di chi pratica il gioco di ruolo è spesso quello del nerd bruttino, rigorosamente maschio, bianco, cisgenere ed eterosessuale. Inoltre, si pensa che si appoggia alla finzione per sopperire alle carenze della propria vita sociale e amorosa. Uno stereotipo che non potrebbe essere più falso.

Innanzitutto, il gioco di ruolo a quasi 50 anni dal debutto di Dungeons and Dragons è stato riconosciuto come un ottimo strumento di inclusione sociale. Nell’età evolutiva ha dimostrato comprovati benefici per lo sviluppo della creatività e delle capacità comunicative e relazionali.

Non è un caso, quindi, che abbia conquistato sin da subito ampie fasce di popolazione, attraverso generi, età, etnie, identità e molto altro. Negli ultimi anni poi sono entrati anche nella cultura più mainstream. Questo grazie anche all’inclusione nella serie Netflix Stranger Things o streaming di campagne di successo come l’americano Critical Role o l’italiano Inntale. Senza contare poi come il gioco di ruolo online abbia rappresentato per molt* un ottimo hobby da lockdown.

Non sempre un incontro facile

Per quanto le persone queer, non bianche, non uomini (etc) siano sempre esistite nel mondo dei giochi di ruolo, sarebbe ingenuo pensare che anche qui non si riflettano forme di oppressione come nella vita di tutti i giorni. Innanzitutto, va sottolineato che il gioco di ruolo da tavolo è nato come una costola dei war games. Per questo è stato assorbito il target comunicativo rivolto principalmente verso un pubblico maschile. È quindi stato difficile separare il gioco di ruolo dall’etichetta di “roba da maschi”, nonostante i tentativi di renderlo più inclusivo.

Inoltre, in diversi sistemi (incluso Dungeons and Dragons) erano presenti fino a pochi decenni fa differenze di caratteristiche per i personaggi non uomini, generalmente malus nelle statistiche fisiche. A questo si aggiungono poi le peculiari forme di sessismo, gatekeeping e machismo che si presentano nel mondo nerd. Queste si declinano spesso nella sessualizzazione dei personaggi femminili e delle giocatrici stesse. Ostracismo nei confronti di quelli non eterosessuali, fenomeni di violazione del consenso durante il gioco.

Strumenti contro le discriminazioni, quali e dove

Ovviamente queste oppressioni non hanno vittime passive. Anzi, hanno creato strumenti appositi per studiarle e contrastarle. Da un lato è l’industria stessa che cerca di rendere le proprie pubblicazioni più inclusive e diversificare la propria offerta (come vedremo più avanti). Dall’altro, è la stessa comunità di appassionat* di giochi di ruolo a mettersi in moto, anche nel nostro paese.

Un esempio su tutti, restando nel contesto italiano, è il progetto “Donne, dadi & dati“. Esso è un vero e proprio gruppo di ricerca che si propone di analizzare il mondo dei giochi di ruolo italiano dall’ottica del genere. Presenti su Facebook, si occupano di raccogliere dati ed esperienze relative alla discriminazione e alla diversificazione nella comunità.  Inoltre, si occupano di fare informazione relativamente a strumenti per rendere i tavoli più sicuri. In particolare sull’utilizzo di determinati linguaggi e soprattutto alla stesura di norme chiare sulla questione del consenso. Vengono sia tradotte risorse provenienti dall’estero che messi in atto progetti originali.

Uno di questi è il progetto “Spazio Sicuro“, nato in collaborazione con La Gilda di Bologna, creato proprio per fornire risorse per creare spazi di gioco più sicuri ed inclusivi. Parlando di spazi sicuri, va poi sottolineato come siano stati creati spazi ed occasioni dichiaratamente inclusivi e queer friendly. Uno di questi è proprio La Gilda, già menzionata, un gruppo di gioco nato tra le mura del Cassero di Bologna. Anche su internet, soprattutto in inglese, esistono forum e server discord dedicati a trovare o costruire gruppi di gioco inclusivi.

Anche i giochi di ruolo sono per persone LGBT+ e si tingono di arcobaleno

Per parlare dei punti di attrattiva che il gioco di ruolo può avere per le persone queer, soprattutto per le soggettività trans* o di genere non conforme, ci vorrebbe probabilmente un libro dedicato. Al contempo, è inevitabile constatare come le persone queer che giocano di ruolo esistano e siano tantissime.

Basta guardare i fandom delle campagne in streaming come Critical Role o The Adventure Zone, composti da una grossa fetta di individui giovani ed LGBTQIA+. Va inoltre sottolineato come queste forme di intrattenimento siano spesso molto più avanti in termini di rappresentazione rispetto a i media più mainstream. Esistono anche pubblicazioni indirizzate a creare e a raccontare storie queer, soprattutto negli ambienti più indie, come ad esempio Thirsty Sword Lesbians o Be Gay Do Crimes i cui titoli sembrano già esplicativi.

Se da un lato la finzione consente di creare storie non incentrate sulle oppressioni o addirittura libere da esse, dall’altro talvolta sono le discriminazioni a fornire le principali forme di conflitto. Ad esempio I love you and I adore you, che cala chi gioca nei panni di due amanti queer del passato che scrivono del loro amore in grado di superare le distanze e i giudizi.

Esistono poi produzioni anche italiane. Un esempio su tutti Stonewall 1969- Una storia di guerra, che ha da poco concluso la sua compagna su Kickstarter, firmato da Stefano Burchi e pubblicato dalla Asterisco Edizioni. Il gioco, che vede anche la collaborazione di Donne, dadi & dadi e de La Gilda, situa chi gioca all’interno della storia dei moti di Stonewall del 1969 rendondol* protagonista di uno dei momenti chiave della storia LGBTQIA+.

Per entrare invece nel mondo dei giochi da tavolo, il cui confine con il gioco di ruolo è spesso sottile, va menzionato Pink* un gioco da ragazze? creato da Valeria Cammarosano, Benedetta Francioni e Letizia Vaccarella, che affronta il tema delle discriminazioni di genere da un’ottica transfemminista ed intersezionale.

Spazi sicuri per tutt*?

Per concludere questa brevissima analisi, dobbiamo chiederci se effettivamente nel mondo dei gioco di ruolo ci sia posto per tutt*? La risposta è un sì, al quale si aggiungono anche tanti ma. Questo infatti esiste, dal momento stesso che esistono giocator* queer. Al contempo, non è scontato che lo spazio a loro disposizione sia davvero sicuro e libero dalle oppressione della vita reale. È uno spazio che deve essere continuamente conquistato, difeso e rimarcato.

Inoltre, creare questi spazi non deve sempre per forza isolarsi dal resto della comunità. Anzi, dovrebbero essere esperimenti di modelli per rendere davvero la comunità tutta più sicura ed inclusiva.  La strada quindi è ancora lunga, ma i primi passi come abbiamo visto sono già stati fatti e l’evoluzione del settore è così veloce da portare continuamente a forme nuove di inclusione. Che vi piacciano i giochi più conosciuti o preferiate invece le uscite indie, che giochiate in gruppo o in solitudine, dal vivo o online, l’importate è che abbiate un posto in cui possiate esprimere la vostra fantasia quanto più liberamente possibile!

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