“Born this Way” di Lady Gaga è un inno LGBT+ da quando uscì nel 2011. Per molti della mia generazione è stata la canzone che ha accompagnato i primi tentativi di coming out con amici e parenti. Per chi più, chi meno, è stata una canzone che ci ha confortati nella confusione di venire a patti con la nostra sessualità e identità di genere. Ti senti meno in difetto quando ti viene detto che “sei nato così” e quindi parte di un mondo che ti ha voluto e creato. Non è né una colpa, né un peccato.
“Born this way”: il perché lo usiamo.
“Born this Way” è la retorica che utilizziamo spesso con persone ciseteronormate per dare una spiegazione del nostro essere atipici (come se ci fosse bisogno di giustificazioni o spiegazioni); è la retorica con cui rispondiamo a chi ci accusa di essere peccatori, dei pervertiti o che questa parte della nostra identità sia un capriccio e la scelta di non voler aderire alle norme sociali. Dopotutto, se siamo “nati così”, non ci possiamo far nulla ed è indipendente dalla nostra volontà.
In questo modo non stiamo facendo altro che aderire alla narrazione omobitransfobica implicante che essere queer (utilizzato come termine ombrello) sia una sfortuna e qualcosa che, se potessimo scegliere, non vorremmo mai essere. Per questo funziona bene. Per le persone omobitransfobiche noi siamo solo degli sfortunati da compatire.
Il problema con le sessualità bi-, pan- e le identità fluide
Molte persone queer sicuramente si sentiranno “born this way” e si ricorderanno di essere gay, bi o non-cis sin da piccolissimi. Ma dire che sia così per tutti potrebbe essere invece un errore fatale.
Pensare che gay “si nasce” renderebbe la sessualità monolitica, inalterabile e di matrice biologica. Anche su questo blog abbiamo trattato una ricerca sulle presunte “origini” dell’omosessualità. Gli scienziati hanno osservato per decadi la vita sessuale di roditori e primati per carpire qualche forma di verità anche sulla sessualità umana.
Per alcuni, a volte, si tratta anche di una scelta: di avere una mente aperta; di permettersi di esplorare; di vivere una vita al di fuori della normatività.
È poi giusto affermare che “si nasce così”, da un punto di vista scientifico?
Non esattamente.
Anzi, alcuni definiscono questa teoria come “essenzialista”, e chiunque abbia letto un po’ di gender studies saprà che bisogna essere cauti con qualsiasi cosa venga definita così.
“Born this Way” è una retorica che ci fa sentire veri ed autentici, non intaccati dall’apprendimento o dalla socializzazione. Ma la cosa bella è che siamo validi anche senza una giustificazione scientifica.
Per quanto riguarda invece le scienze dure, la questione si fa più complessa. Prima di tutto, per quanti studi troverete che affermano una cosa, ne esisteranno altrettanti che affermano invece il contrario. La biologa e femminista Anne Fausto-Sterling dedica un intero libro, “Sexing the body: Gender Politics and the Costruction of Sexuality“, alla spiegazione dei problemi sugli esperimenti in laboratorio e di tutte le variabili che non vengono prese in considerazione.
Conclusione
Vorrei concludere dicendo che non siamo costretti all’utilizzo di questo tipo di retorica per ottenere diritti e rispetto. Le persone ciseteronormate non devono avere pena di noi, come se fossimo dei poveri malati a cui “concedere” dei diritti. Quello che ci serve è che venga rispettata la nostra capacità di autodeterminarci e che ci venga garantita la libertà di divergere dalle aspettative delle norme ciseterosessiste, sia che si percepisca come una caratteristica innata, sia che sia frutto di una nostra decisione.
Rachele Vanucci