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Dipendenze, Alanis Morissette: “Ecco perché bevo.” E tu?

Il 27 febbraio scorso è uscito il video dell’ultimo single dell’artista canadese, Reasons I drink, una canzone sulle dipendenze come conseguenza di traumi del passato. Forse ne sai qualcosa anche tu. 

Quello che ci ferisce pesantemente da bambini spesso ci rende dipendenti da qualcosa o da qualcuno una volta adulti. Il più delle volte facciamo finta di niente e (ci) diciamo che va tutto bene. Quando in fondo sappiamo che non è così. 

Molti di noi hanno subìto ferite indicibili e ritroveranno se stessi in questa ultima hit di Alanis Morissette. Non poche persone diventano adulte superando dolori forse più grandi di quanto un bambino possa sopportare. Alla fine tutti cresciamo ma qualcosa in tanti di noi ancora stona, è sempre fuori posto e lascia l’amaro in bocca, anche quando all’apparenza sembrerebbe tutto okay. È allora che ci tuffiamo nelle nostre dipendenze, così il nostro cervello trova un po’ di pace.

Fermo restando che personalmente non ho nulla in contrario all’uso di sostanze (più o meno legali) per scopi palliativi, terapeutici o ricreativi, quello che non mi vede d’accordo è l’abuso. Per qualsiasi cosa. 

Alcol, cocaina, zucchero hanno tutti una cosa in comune: funzionano come regolatori dell’umore e alterano il nostro stato d’animo. Stimolando la secrezione di un certo tipo di ormoni, la chimica nel nostro corpo trasforma drasticamente le nostre sensazioni e percezioni in tempi brevissimi. Sappiamo che si tratta di una “medicazione” fatta in casa che lascia il tempo che trova, di una soluzione non definitiva. Eppure non riusciamo a farne a meno.

Le dipendenze, di qualsiasi natura, sono solo la punta di un iceberg. C’è qualcosa, sotto, di molto più grande e spaventoso. Nessun alcolista è felice di esserlo. Nessun drogato è felice di farsi. Nessun ferito è felice di sanguinare. Il punto è che non puoi guarire se non riconosci di essere stato ferito.

Occorre rieducare il cervello ad amare, quindi ad avere cura e rispetto della persona che lo ospita. Ma come si fa? Si diventa genitori di se stessi. Ci si impone delle regole. Ma soprattutto, ci si chiede: sarei felice di sapere che mio figlio a 4 o 12 anni si fa di bamba o si divora un intero barattolo di Nutella al giorno? Per quanto il secondo esempio forse sia socialmente più accettato del primo, nei fatti non cambia molto. I danni all’organismo non sono poi così diversi. 

Tanti di noi non sono consapevoli di essere dei veri eroi di guerra per il dolore vissuto, e in qualche modo superato, in un’età in cui non avevamo neanche gli strumenti o le capacità per realizzare quanto ci stesse accadendo. 

A prescindere da quanto traumatico possa essere stato il nostro passato, siamo dei sopravvissuti. Possiamo quindi sopravvivere a tutto? Sicuramente no. Di certo possiamo scegliere con quali dipendenze affrontare questa nostra sopravvivenza e cosa fare del nostro dolore. Se usarlo come propellente per andare avanti o come scusa per restare indietro, dipende solo da noi. 

Alessandro Cozzolino, life coach

 

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