Siamo il paese dei “ma” e delle assurdità. Lo sappiamo bene. Il paese del contentino e quello delle frivole speranze. Quel paese dove si parla di diritti, ma quando si arriva ai fatti è più fumo che tutto il resto. Così succede (anche se non sempre ) con la Chiesa.
Sono state emanate le nuove linee guida per essere ammessi al sacerdozio. Con queste nuove regole, la Chiesa, ci tiene a precisare che “non ci sono «sbarramenti» alle persone omosessuali, purché dimostrino fin dall’inizio di mostrare «l’orientamento alla vita celibataria»”. Inoltre, continua “non devono essere riscontrate «tendenze omosessuali profondamente radicate» (qualsiasi cosa voglia dire) o che sostengano «la cosiddetta cultura gay»”.
In poche parole non devi fare sesso, devi essere sicuro di non farlo durante il seminario e non devi nemmeno sostenere questa pratica. Parlando chiaro se sei omosessuale e ti vuoi fare prete ti devi scordare di far parte della comunità LGBT+ e dimenticare la comunità stessa. Come si possa verificare poi tutto questo io non lo so. Forse esiste qualche specifico metal detector. Che ne so io, non sono del mestiere.
Forse c’è ancora troppa “frociaggine” nella Chiesa? Siamo sicuri che il problema sia proprio quello? Non è che, e faccio qualche esempio a caso, (ed ovvio che non sto parlando di tutti rappresentanti della Chiesa) ci sono ancora problemi di:
- pedofilia;
- gente che prega e poi discrimina o insulta;
- gente che, con la scusa della Chiesa fingono visioni, miracoli e ci specula sopra;
In effetti il problema è esattamente la persona omosessuale che decide di andare in seminario.
Omosessuali in seminario, siamo il paese dei “ma”
Infatti l’Italia:
- non è un paese omofobo, ma non esiste una legge contro l’omotransfobia;
- non è un paese omofobo, ma la famiglia è una sola e figuriamoci se due uomini o due donne possono adottare o avere un figlio loro grazie alla gestazione per altri;
- non è un paese omofobo, ma i social vengono ancora assaliti da commenti omofobi;
- non è un paese omofobo, ma secondo il rapporto ILGA-Europe del 2024, l’Italia si classifica 36ª su 49 per i diritti LGBT+
- Figuriamoci se siamo in paese misogeno… Peccato che nel 2023 il nostro Paese è precipitato dalla 63esima alla 79esima posizione nella classifica del Global gender gap report, che monitora i progressi verso la parità di genere in 143 Paesi;
Insomma l’Italia è un grande paese dove vivono grandi persone: gli illusi.
Raph