A poche settimane dalla decisione della corte suprema statunitense di rovesciare la sentenza Roe vs Wade, la destra torna a colpire il diritto all’aborto. In particolare, l’ultimo caso riguarda l’Ungheria. Dal 15 Settembre è infatti entrata in vigore una nuova legge che regola il diritto di accesso all’interruzione di gravidanza, che nel paese è garantito dal 1953 fino alle 12 settimane di gestazione. La nuova norma è stata formulata in accordo con la costituzione ungherese modificata da Victor Orban nel 2011 che identifica come ideale la “protezione della vita del feto dal momento del concepimento”. E’ però di fatto la prima legge varata a riguardo dall’entrata in vigore della nuova costituzione.
La stretta sul diritto all’aborto in Ungheria e altrove
La nuova norma dell’Ungheria, pur continuando a garantire sulla carta l’accesso all’aborto sicuro fino alle 12 settimane, prevede un nuovo limite. Viene infatti inserito l’obbligo da parte dei medici di mostrare “un’indicazione chiaramente identificabile dei segni vitali fetali” prima di procedere con ogni interruzione di gravidanza. Di fatto, quindi, viene inserito l’obbligo da parte del personale sanitario di far ascoltare alla persona interessata il battito cardiaco fetale, in un palese tentativo di scoraggiare la pratica.
Non è un provvedimento completamente originale. La pratica di far ascoltare il battito fetale proviene infatti dagli Stati Uniti, dove è stata attuata in molti stati nel tentativo di rendere inefficace la Roe vs Wade. L’intento è chiaro. Infatti, si tratta nient’altro di un metodo per fare leva sui possibili sensi di colpa e vergogna della persona che cerca l’aborto. Di fatto, una tattica di manipolazione per rendere più complesso l’accesso al fondamentale diritto all’autodeterminazione.
Battito cardiaco tra critiche e supporto
Le opinioni sulla nuova legge dell’Ungheria in merito all’aborto si sono fatte sentire, sia dentro che fuori dei confini ungheresi. A supporto si è espresso ad esempio il partito ungherese di estrema destra Our Homeland. In un post social, infatti, la sua deputata Dora Duro ha esultato e ha rivendicato per il suo partito la proposta iniziale del provvedimento. Senza che la cosa stupisca particolarmente, invece, dal nostro paese si è sollevata l’immancabile opinione favorevole del senatore leghista Simone Pillon. A preoccupare è soprattutto la coincidenza con segnalazioni della pratica, incompatibile per il nostro quadro normativo vigente, in alcuni ospedali dell’Umbria.
Critiche invece sono state sollevate dalle associazione femministe e per i diritti ungheresi. Diritti che nel caso di quelli delle donne sono stati identificati da Amnesty International come in declino. Va inoltre ricordato come in Ungheria non vi sia al momento alcuna donna tra i ministri del governo di Orban. Anche le associazioni di categoria dei medici come la Camera medica Ungherese si sono espresse a sfavore della norma. Viene infatti riconosciuto non solo l’intento manipolatorio della pratica ma anche la sua scarsa base scientifica. Infatti, nelle prime fasi della gravidanza quando un aborto è possibile, non vi è ancora la presenza di un cuore funzionante ma un semplice apparato cellulare incompleto che invia impulsi elettrici. Impulsi che il monitor ad ultrasuoni rappresenta con il suono di un battito cardiaco a cui non è però comparabile.
L’ennesimo colpo al diritto all’aborto
La decisione ungherese è solo l’ultimo dei limiti all’accesso all’aborto di cui si è sentito parlare negli ultimi anni. Le notizie più eclatanti sono arrivate dagli Stati Uniti ma il caso ungherese (e quello precedente della Polonia) mostra come anche in Europa il diritto all’accesso a pratiche abortive sicure sia sotto attacco. Anche in Italia c’è poco da stare tranquilli, come mettono in luce le opinioni espresse da Pillon e le segnalazioni provenienti dall’Umbria. In particolare, si fa preoccupante l’avvicinarsi delle elezioni considerati i discorsi provenienti dai partiti di destra come Fratelli d’Italia. La situazione è ancora in divenire ma non è difficile cominciare a sentire il progressivo stringersi della morsa sui diritti, in Italia, in Ungheria e altrove. Non è quindi impensabile immaginare un futuro prossimo pessimista dove il diritto all’aborto diventi di fatto inaccessibile anche tra i confini dell’Unione Europea.
Fonti: Quotidiano Sanità; Open; Open; Il Manifesto
Ziggy Ghirelli