11 Ottobre: Coming Out Day. Una data che per molti ha completamente cambiato le sorti della propria quotidianità. Vediamone di più insieme.
Coming out: cos’è?
Cos’è esattamente un “coming out“? Generalmente una persona si dichiara ad un singolo, un gruppo o alla società, esponendo apertamente il proprio orientamento sessuale e/o identità di genere. No, contrariamente a quanto si creda non si fa una sola volta. Esistono persone, come ad esempio quelle transgender, che sono portate a fare coming out. Ma come? Per esempio quando si rivolgono al personale medico durante le visite. In generale, però, viene indicato come quell’attimo nel quale una persona rende noto chi è al mondo.
Tra coming out e outing
C’è una differenza da sottolineare tra coming out e outing, che non vanno di comune accordo. Nel primo caso la persona ha il pieno controllo dell’informazione, e la rende nota a chi più aggrada. Nel secondo, invece, è un secondo interlocutore a rivelare questo dettaglio di una persona. Molto spesso si associa al concetto di “smascherare”, come se fosse una rivelazione malevola. Nella maggioranza dei casi si tratta di ignoranza, cattiveria o direttamente violenza premeditata. Perché sì, in certi casi l’outing può mettere a rischio la vita di una persona.
Perché è ancora importante parlare di coming out?
Perché al giorno d’oggi è ancora importante il concetto di coming out? Non si dovrebbe, ecco, essere andati oltre? Sfortunatamente no. Come ben sappiamo in molti Stati in giro per il globo certi diritti umani non sono ancora concessi alla comunità LGBTQIA+. In più, come dicevamo prima, in casi specifici è pena la reclusione se non la morte. Fare coming out, quindi, rimane una forte dichiarazione di coraggio e orgoglio, una rivendicazione dei propri spazi e dei propri diritti mancati.
Un trafiletto di storia
L’11 Ottobre è segnato come giornata internazionale per il coming out grazie agli Stati Uniti. Difatti, nel 1988, lo psicologo del New Mexico Robert Eichberg, accompagnato da Jean O’Leary, politica e attivista di LA, vollero ricordare il primo anniversario dalla seconda marcia nazionale su Washington così. Perché, chi ha studiato sa, questa manifestazione per i diritti LGBTQIA+ ricadde proprio nella medesima data. 21 Stati furono coinvolti nel ricordo, e ci fu un boom mediatico sull’evento. Il Coming Out Day venne così istituito su tutto il territorio statunitense, espandendosi poi al globo. Nel 2016 giunse in Italia, commemorando le persone sieropositive.
La differenza tra noi e loro
Sono diversi gli Stati che attualmente hanno abbracciato questa ricorrenza, tra cui: Australia, Canada, Croazia, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Polonia, Svizzera e Regno Unito. Quando in altri Paesi si diffonde l’accettazione della comunità LGBTQIA+, la consapevolezza individuale, la possibilità di vivere la propria vita apertamente e liberamente, in altri si dimentica. L’Italia è uno di questi, visto che preferisce fare un centinaio di passi indietro piuttosto che promuovere i pari diritti. Tanto fare coming out è un gesto di quelle persone deviate a cui servirebbe un po’ di sport in più per crescere sani.
Rischio la vita nel fare coming out?
Oggi in Italia fare coming out è una scelta rischiosa. Non è solo dato il clima di estrema destra in cui siamo immersi da anni. Le persone, con il passare del tempo, stanno diventando sempre più insensibili, intolleranti e violente. Sempre più associazioni entrano nei centri e consultori, dando più diritti a feti che ancora devono vedere la luce del mondo che a quei bambini già nati. Ostacolando le terapie ormonali sostitutive, i percorsi di affermazione di genere e l’educazione sessuale e affettiva. Così facendo contribuiscono a creare una massa analfabeta e impreparata, sempre più violenta, sempre più piccola d’età.
I dati parlano chiaro: siamo in pericolo
Le ultime notizie portano dati sconcertanti. Oltre alle aggressioni verbali per strada sono in aumento tante tipologie di azioni criminali e violente. Parliamo di: adescamento online, violenze fisiche, discriminazioni tra i banchi di scuola, lavoro e reparti sanitari. Ma ancora: minacce online e pubbliche, atti di vandalismo alle associazioni, e così via. E parliamo di azioni commesse qui in Italia. A Maggio Arcigay ne ha registrate più di quelle del 2023, un aumento indicibile. Questi sono solo i casi censiti, chissà quanti non sono noti. E in questo clima una persona dovrebbe sentirsi in grado di poter fare coming out?
Quante altre lavate di capo ci meritiamo?
L’Italia è stata più volte ripresa dall’Europa per la sua scelta di posizione politica. La mancata protezione dei nostri diritti fondamentali sta portando inoltre ad una generale forma di tensione e paura. Per non parlare dell’indifferenza totale dei nostri concittadini. Quante volte una persona si sente dire al giorno un’offesa discriminatoria? E invece quante altre nasconde chi è, si rinchiude in un armadio, pur di non venir ferito psicologicamente e fisicamente? Ci sentiamo sempre più soli, abbandonati a noi stessi, eppure nessuno muove un dito e ci dà una mano.
Auguro a tutti gli italiani LGBTQIA+ di poter essere sempre e liberamente sé stess*. Ci stringiamo forte in un abbraccio virtuale e collettivo di speranza.
Aeden Russo
Leggi anche: A che punto siamo con i diritti LGBTQIA+ nel mondo?