Abbiamo sentito parlare di dipendenti affettivi (emotivi, sentimentali) fin troppo. Mai abbastanza però dei codipendenti. Forse è il caso di parlare anche di loro. O di te, mia piccola Candy Candy.
Sappiamo che il dipendente affettivo non sopporta la solitudine, ha una scarsa considerazione di sé e si annoia quando è single. Detesta quel vuoto lasciato dall’ultimo partner perché essenzialmente non ama la vita che vive. Famiglia, amici e lavoro sono più un peso che altro. Ma chi si mette con uno così? Sicuramente non pochi di noi.
In linea di massima, questo è quello che succede in questo tipo di relazione tossica. Il soldato (dipendente) dice di non valere niente. La crocerossina (codipendente) dice “no, tu vali, e io te lo farò vedere”. E il soldato risponde “io ti amo, mi fai sentire importante, con te vicino mi sento stocazzo.” Visto che il codipendente ama avere al proprio fianco qualcuno da ammirare… Bingo! I due vanno avanti felici e contenti per un po’, finché uno dei due… apre gli occhi e si sveglia. In genere tutto sudato.
L’unica certezza è che non siamo in pochi a credere di avere (avuto) lo spirito della crocerossina. Qualcuno se ne fa addirittura un vanto. Quando invece ce ne liberiamo, lasciamo agli altri la libertà di essere come sono e seguire la loro strada, qualunque essa sia. Si chiama rispetto. E a volte cozza con quell’irrefrenabile voglia che abbiamo di cambiare l’altro. Per il suo bene? Forse più per il nostro comodo. Chi vuole essere aiutato a cambiare sul serio sa come, dove e a chi chiederlo. A chi invece insiste nel fare da crocerossina, suggerisco la Somalia. Lì ce n’è sempre tanto bisogno.
Alessandro Cozzolino, life coach