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“Ti voglio bene” e altre verità mai dette a papà

festa del papà

Oggi, 19 marzo, è la Festa del papà. Che ci piaccia o no, vicino o lontano che sia, questa giornata è per il primo uomo della nostra vita. Perché, nel cuore e nella mente, papà è sempre papà.

Ci sono tante cose che un figlio (etero o gay) non dice a un padre. Una di queste è “ti voglio bene”. Perché è cosi raro che accada e ci risulta così difficile se non addirittura impossibile?

Molti di noi omosessuali maschi (ma non solo) vivono o hanno vissuto un rapporto di odio-amore nei confronti di chi ci ha generato e/o cresciuto. Come per (quasi) tutti i figli, papà è stato il nostro supereroe per anni. Era quello che ci proteggeva, che ci amava, che era sempre lì, pronto a difenderci, a prenderci in braccio e farci volare o sulle spalle per farci toccare il cielo con un dito. 

Papà è una sorta di Dio per un figlio piccolo. Poi, si sa, crescendo le cose cambiano. In genere gli adolescenti maschi che si scoprono gay temono la reazione paterna più di qualsiasi altra cosa. In effetti, come ci siamo sentiti quando papà ha scoperto la nostra omosessualità? Se non l’ha ancora fatto, come ci sentiamo al solo pensiero di dirglielo?

Sarebbe bello essere presi per mano e accompagnati nella scoperta della propria identità. Ma davanti all’omosessualità i genitori non di rado sono parecchio impreparati e non conoscono che vecchi pregiudizi. 

Il punto è che nessun uomo è perfetto. Non lo è papà, tantomeno lo siamo noi figli. Per questo, poco importa come siano andate le cose in passato. Oggi, soprattutto in questo momento così particolare e delicato, quello che conta è l’affetto, l’amore e la riconoscenza per l’uomo che ha comunque svolto il lavoro più difficile del mondo. Bene o male, è secondario.

È vero che non tutti i padri meritano di esserlo e ai loro figli, per quel che può valere, posso solo dire che mi dispiace davvero tanto. Ma è altrettanto vero che nella pandemia in cui ci troviamo sarebbe più opportuno guardare avanti anziché indietro. Che lo abbia amato oppure odiato, che sia ancora tra noi o passato a miglior vita, che ce l’abbia vicino o lontano non fa molta differenza. Papà è sempre papà. Come mamma è sempre mamma. Sono le nostre radici.

Perdonare i nostri genitori e imparare ad averli a cuore a prescindere da tutto è segno di amore in primis verso noi stessi. Le nostre radici fanno parte di chi siamo, non possiamo far finta che non sia così. Né possiamo continuare a fingere di non aver bisogno noi, in prima persona, di sentirci dire “ti voglio bene” da papà. Siccome sono certo che la cosa è reciproca per (quasi) tutti i papà e i loro figli (etero o Lgbt+), non esitiamo ulteriormente e diciamoci la verità. “Ti voglio bene.”

Auguri, papà

Alessandro Cozzolino, life coach 

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