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Schwa: un’alternativa all’asterisco per un italiano inclusivo?

Schwa

Il problema dell’Italiano

La lingua italiana dipende fortemente dalla specificazione del genere dei nomi, caratteristica che è sempre più scomoda in un mondo in cui il binarismo di genere viene continuamente sovvertito e che non è più sufficiente ad esprimere l’estrema complessità dell’identità individuale. Per questo, molte persone trans, non-binary e genderqueer sono alla ricerca di nuovi modi per definirsi e definire gli altri.

Sostituire quindi la desinenza delle parole con l’asterisco, è entrato presto a far parte delle pratiche comunicative dei movimenti per i diritti LGBTQ+ e anche all’interno dei movimenti femministi. Non tutti però sono convinti da questa soluzione ed i problemi riscontrati sono comprensibili: finché il contesto rimane limitato alla comunicazione scritta, andrà tutto bene, ma se dovessimo riferirci alla stessa persona oralmente, allora ci troveremmo davanti alla scelta di come interpretare l’asterisco che, di suo, è solo un segno grafico privo di suono.

Alcuni optano al sostituire le desinenze con una -u universale; altri scelgono di non pronunciare proprio le desinenze, lasciando le parole tronche. Ci sono dei linguisti invece che vogliono proporre una soluzione che affonda le sue radici nella genesi della linguistica ed è, per questo, un elemento che gli studiosi di lingue e linguaggi probabilmente conoscono già.

Schwa: un’alternativa sostenibile

Mi riferisco alla schwa, quella che, per il padre della linguistica, Ferdinand de Saussure, fu una delle vocali più importanti nella teorizzazione dell’esistenza di una lingua indoeuropea. Al singolare si usa la schwa (?) e per il plurale la schwa lunga (?). Per molti sarà la prima volta che vedono queste lettere, ma in realtà le usiamo già, soprattutto in alcuni dialetti del Sud Italia e quando parliamo in Inglese. Ecco la pronuncia.

Luca Boschetto è uno dei primi attivisti a promuoverne l’uso, spiegando che, anche graficamente, sembra essere esattamente a metà tra una a e una o. Anche la linguista Vera Gheno parla in favore di questa vocale. Per chi non la conoscesse, attualmente il suo ambito di ricerca riguarda la declinazione al femminile di tutti quei nomi professionali che sono sempre stati solo maschili (a causa dei preconcetti culturali). Un sito invece che si impegna nella promozione della schwa è il sito Italiano Inclusivo, che spiega più nel dettaglio la sua storia, come usarlo e l’utilizzo nelle altre lingue.

Questa è però solo una delle proposte e come dice la stessa Gheno:

dobbiamo discutere, dobbiamo scontrarci, anche, ma possiamo farlo in maniera pacata, senza per forza farne una guerra. La discussione linguistica può portare molti frutti, perché più teste ragionano sicuramente meglio.

Dopotutto la lingua è sia un fenomeno culturale che un qualcosa in grado di plasmare la cultura. Per questo è giusto che una lingua cambi, facendo da specchio ad una società che cambia.

 

 

Rachele Vanucci

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