Il problema dell’Italiano
La lingua italiana dipende fortemente dalla specificazione del genere dei nomi, caratteristica che è sempre più scomoda in un mondo in cui il binarismo di genere viene continuamente sovvertito e che non è più sufficiente ad esprimere l’estrema complessità dell’identità individuale. Per questo, molte persone trans, non-binary e genderqueer sono alla ricerca di nuovi modi per definirsi e definire gli altri.
Alcuni optano al sostituire le desinenze con una -u universale; altri scelgono di non pronunciare proprio le desinenze, lasciando le parole tronche. Ci sono dei linguisti invece che vogliono proporre una soluzione che affonda le sue radici nella genesi della linguistica ed è, per questo, un elemento che gli studiosi di lingue e linguaggi probabilmente conoscono già.
Schwa: un’alternativa sostenibile
Mi riferisco alla schwa, quella che, per il padre della linguistica, Ferdinand de Saussure, fu una delle vocali più importanti nella teorizzazione dell’esistenza di una lingua indoeuropea. Al singolare si usa la schwa (?) e per il plurale la schwa lunga (?). Per molti sarà la prima volta che vedono queste lettere, ma in realtà le usiamo già, soprattutto in alcuni dialetti del Sud Italia e quando parliamo in Inglese. Ecco la pronuncia.
Questa è però solo una delle proposte e come dice la stessa Gheno:
dobbiamo discutere, dobbiamo scontrarci, anche, ma possiamo farlo in maniera pacata, senza per forza farne una guerra. La discussione linguistica può portare molti frutti, perché più teste ragionano sicuramente meglio.
Dopotutto la lingua è sia un fenomeno culturale che un qualcosa in grado di plasmare la cultura. Per questo è giusto che una lingua cambi, facendo da specchio ad una società che cambia.
Rachele Vanucci