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Il “vizio abominevole”: l’Omosessualità durante il fascismo

Per non riscrivere la storia è necessario ricordarla e prendere coscienza degli errori passati per non ricommetterli. In occasione del 25 Aprile non si può non parlare di fascismo e di anti-fascismo.

L’omosessualità durante il fascismo

Negli anni del fascismo l’omosessualità era considerata un “vizio abominevole” che comprometteva la virilità degli italiani. Centinaia di omosessuali furono spediti in località di confino: San Domino alle Tremiti, colonia per persone omosessuali, fu liberata dagli americani nell’autunno del 1943.

Chiamati pederasti, invertiti, deviati, oppure ricioni o arrusi (secondo alcune varianti dialettali) le persone omosessuali, nel ventennio fascista, furono costrette ad una vita infernale. Costretti a nascondere le proprie relazioni per paura dello scherno, delle punizioni o persino dell’esilio senza nemmeno avere un processo. Nell’Italia fascista l’omosessualità era definita una deviazione innaturale che avrebbe messo a repentaglio la virilità dell’uomo fascista.

L’articolo (mai approvato) che il fascismo voleva inserire contro le persone omosessuali

Pertanto, nel maggio del 1925, in piena fase di riforma del codice penale italiano, si tentò d’investire lo stato del compito di «reprimere la menzogna, la corruzione, tutte le forme di deviazione e degenerazione della morale pubblica e privata». Il discorso alla Camera dei deputati del guardasigilli Alfredo Rocco venne accolto da applausi: la proposta era quella di una bozza di articolo, il 528, da inserire nel nuovo codice penale: «Chiunque […] compie atti di libidine su persona dello stesso sesso, ovvero si presta a tali atti, è punito, se dal fatto derivi pubblico scandalo, con la reclusione da sei mesi a tre anni». Ma riconoscere l’esistenza di un problema lo avrebbe amplificato, così la commissione rinunciò affermando che «la previsione di questo reato non è affatto necessaria perché, per cultura e orgoglio d’Italia, il vizio abominevole che darebbe vita non è così diffuso tra noi, da giustificare l’intervento del legislatore».

Nella versione definitiva del codice del 1930 la disposizione venne soppressa, a differenza di quanto accadde in altri Paesi come Germania e Inghilterra. Nell’Italia fascista la punibilità dei reati contro la morale era affidata al TULPS (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) che dava alla polizia la facoltà di colpire con i provvedimenti della diffida, dell’ammonizione giudiziale e del confino di polizia tutti coloro i quali costituivano motivo di scandalo. In quanto reati amministrativi, non c’era neppure bisogno di processo.

Fu così che, nel 1942, il ministero dell’Interno censì 186 confinati per pederastia nelle varie colonie sparse per l’Italia. Erano luoghi isolati, in zone montagnose e aspre, oppure isole remote. I condannati vivevano una vita di stenti.

Esiste ancora il fascismo?

Vi voglio rispondere con le parole di Michela Murgia: “Vi aspettate che il fascismo bussi a casa con la camicia nera? Non è così”

Qualche giorno fa, inoltre , è stato censurato dalla Rai il monologo dello scrittore Scurati in occasione del 25 aprile . Monologo che orgogliosamente vi trascrivo di seguito e che spero possa farvi riflettere. Pensate che questa censura non sia fascismo?

Monologo di Antonio Scurati in occasione della Festa della liberazione

“Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.
Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.

Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.

Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista.

Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).

Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra.
Finché quella parola, Antifascismo, non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.”

L’italia è una Repubblica Antifascista

La stessa legge  vieta il fascismo in ogni forma:

I valori antifascisti della nostra costituzione

L’antifascismo della Costituzione è rappresentato dai valori che propone poiché la stessa Costituzione Italiana proclama una sequela di diritti fondamentali inviolabili, come la libertà di voto, il pluralismo dei partiti, un sistema di divisione e bilanciamento dei poteri dello Stato, tutti elementi che contrastano con l’idea che era stata del fascismo di partito unico, di stato gerarchico, di assenza di elezioni e pluralismo.

Inoltre, nella disposizione XII della Costituzione Italiana si evidenzia che è proibita la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Che queste parole risuonino a tutti come un promemoria prima per stare allerta e poi per non far ripetere la storia.

 

Raph

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