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Affermazione di genere: un racconto

Affermazione di genere: un racconto. E non di quelli fittizi e fabbricati con lo stampino. Verità nuda e cruda, perché la mia. Vi porterò mano nella mano nella mia storia.

Affermazione di genere: premessa

Oggi voglio raccontarvi di qualcosa più personale. Visto il clima che c’è nel nostro Paese, sempre con più violenza le opinioni di estrema destra si stanno insediando. Non solo tra gli adulti, ma anche tra i miei coetanei si sta generando più odio e intolleranza. È per questo che bisogna lasciar spazio a storie veritiere, di resilienza e forza d’animo. Perché siamo così saturi di versioni irreali e racconti fantastici. C’è bisogno di dare voce a chi queste cose le ha vissute sulla pelle, senza filtri e pregiudizi. Vi porto quindi oggi il racconto del mio percorso di affermazione di genere.

Che cos’è e cosa prevede

Cos’è esattamente l’affermazione di genere? Si tratta di una serie di procedure legali e mediche per far sì che una persona possa rispecchiarsi nell’identità di genere che sente più adatta. Per farla breve con un esempio, è come se qualcuno andasse dal sarto a farsi cucire un vestito su misura, perché quelli che ha indossato fino ad ora non calzavano mai bene. Non si tratta né di un capriccio, né di un problema mentale. È semplicemente la realizzazione di una persona nei termini di chi è e come si presenta al mondo esterno. Ci sono tanti che decidono di rimanere con i documenti che hanno, alcuni che invece hanno bisogno di metterci vicino degli interventi chirurgici. Ma tutto questo è normale, nella natura umana, e soprattutto non un affare vostro.

Affermazione di genere in Italia

Il percorso di affermazione di genere in Italia è estremamente complesso. È stato calcolato che ci vogliono circa 5 anni per concludere tutte le pratiche. Con le prese di posizione del governo Meloni probabilmente sarà ulteriormente ostacolato, se non possibilmente abolito. Molti discutono su come plagi la mente dei giovanissimi, li costringe a mutilarsi, e retoriche similari. A me ha salvato la vita. Mi ha fatto capire perché mi sentissi così profondamente fuori luogo, e da sempre. E sono storie così che dovreste ascoltare.

Senza questi discorsi nelle scuole cosa accade

Nella mia età adolescenziale non sapevo nemmeno cosa fosse l’identità di genere, figuriamoci l’affermazione di genere. Sono cresciuto in un ambiente scolastico dove sì e no avrò fatto una singola lezione di educazione sessuale. Non posso nemmeno ricordarmene, era alle elementari. Ho dovuto imparare da solo cosa fosse la sfera sessuale, come ci si potesse innamorare potenzialmente di chiunque, a prescindere dal sesso biologico. Penso che ho sentito per la prima volta delle persone transgender quasi verso i miei 18 anni. Il che è spaventoso.

Fuori la “teoria gender” dai nostri percorsi di affermazione di genere

Per i grandi obiettori della “teoria gender”: no, non ho avuto alcuna lezione. Nessuna pressione sociale, alcuna costrizione a intraprendere il mio percorso. Anzi, ho dovuto imparare da solo le basi. Cosa fosse l’orientamento sessuale, le varie etichette della comunità LGBTQIA+, i pregiudizi e preconcetti sbagliati. E sì, anche cosa fosse un percorso di affermazione di genere. C’ho messo ben 2 anni a capire quale fosse l’identità di genere a me più affine. Un percorso solitario, difficile, mi faceva piangere la notte. E non doveva essere così.

Come ho iniziato e cosa ho potuto fare

A circa 20 anni ho confessato a mia madre come mi sentissi. Una mattina qualunque, c’era stata un po’ di tensione tra di noi. Ma qualcosa scattò. Lei non mi ha mai costretto ad essere chi non fossi. Mi ha sempre affrontato con i suoi timori, certo, ma anche accompagnato dove volessi. Ho aperto la Carriera Alias della mia università, facendo domanda appena fu inaugurata. Al mio terzo anno, prossimo alla laurea, ho anche fatto domanda per iniziare un percorso di psicoterapia per l’identità di genere. Così è iniziato il mio percorso di affermazione di genere.

Affermazione di genere: la vera transizione

Non è stata facile la transizione, quella vera. Non parlo del percorso privato, ma di quello sociale. Molti conoscenti, alcuni amici anche, non hanno capito. Ancora oggi mi capita che mi chiamino con il deadname, e che sbaglino pronomi di proposito. Ma la maggior parte ha accolto positivamente il mio percorso di affermazione di genere. Non che fosse dovuto, ma chiaramente non scontato. Sono cose che una persona cisgender non potrà mai capire. Quanto sia isolante il pensiero che nessuno ti veda come sei realmente. E sono uno dei pochi casi che non ha subito vera transfobia da famiglia e amici.

La terapia psicologica salva vite

Il percorso terapeutico in sé non è stato facile. Dopo quasi un anno dal mio coming out, se così vogliamo definirlo, ho iniziato uno degli step burocratici. Mi sono affidato ad un consultorio della mia zona, ed ho fatto bene. Penso che sia fondamentale offrire sostegno concreto alle persone che vogliono intraprendere un percorso di affermazione di genere. Il problema è la lunga attesa. Sono turbe emozionali molto delicate, che andrebbero affrontate subito e non ostacolate dalla burocrazia e dalle scartoffie. È agevolando questo ingresso, ampliando consultori e centri, che si argina il vero problema. Perché sì, ci saranno ragazzi che non vorranno davvero fare la transizione, ma non esisterebbero divorzi senza matrimoni.

Affermazione di genere: percorso medico

Dopo il percorso di terapia è arrivato quello medico. Mi hanno affidato una intera équipe, e anche qui non vedo problemi. L’idea che ci sia un intero reparto dedito a te e alla tua salute fisica è rincuorante. Prendono molto sul serio il percorso di affermazione di genere, non lasciano nulla al caso. Considerando che ho anche diversi problemi di salute pregressi è stato anche una ventata d’aria fresca. La mia famiglia ancora non approva la mia scelta di ricorrere ad una terapia ormonale sostitutiva. Non per questo mi hanno ostacolato o proibito di farla. Nonostante le difficoltà hanno creduto in me, e adesso sono contenti di vedermi così in salute.

Le vere difficoltà sono in ambito legale

La parte che trovo più assurda di un percorso di affermazione di genere è quella legale. Penso che sia lo step più ostico e snervante. Nonostante i miei legali siano competenti e comprensivi, il sistema non è così magnanimo. Ho dovuto attendere un’infinità di mesi. Andare davanti ad un giudice a testimoniare chi fossi. Farsi mettere in discussione non solo per chi sei, ma se lo dimostri davvero secondo i loro standard. Perché tutto dipende da questo: sono abbastanza trans per voi per andare avanti? E non tutti superano questo ostacolo. Uno scoglio ricco di preconcetti e pregiudizi sulla comunità transgender.

Affermazione di genere o costrizione di preconcetto?

Non è solo la paura del giudizio che ti viene incontro. È la messa in discussione del tuo percorso medico, di quello psicologico. Ti metti a nudo per entrare nella loro percezione di percorso di affermazione di genere. E molto spesso ne soccombi. Lo Stato Italiano non sa nemmeno cosa sia una persona non binary. Di cos’ha bisogno, come “s’identifica”. Come se fossimo tutti fatti con lo stampino. Non parliamo mai di persone uniche, della loro storia, ma solo di una serie di parametri definiti in tempi arcaici. Non dovrei rinchiudermi in uno scatolo forzato dal vostro pregiudizio. Io sono io, e nessuno dovrebbe dettar legge su cosa voglio fare o meno del mio corpo e della mia identità.

Ultimo pensiero sullo step legale

Lo Stato Italiano ha questo potere decisionale sul tuo percorso di affermazione di genere che non si spiega. Come se un giudice cisgender potesse dichiarare chi sono, capite? Non credo che esista persona al mondo che debba decidere per qualcun altro chi è, come si deve comportare e cosa deve obbligatoriamente fare. Eppure va così. Pur di essere riconosciuto come me stesso queste cose le ho provate. Le ho superate. E adesso sono nella fase più difficile: il limbo dell’attesa.

Cosa succede dopo la sentenza?

Lo Stato non ti va contro solo in diverse fasi, obbligandoti ad attendere per decidere della tua vita. Ti ostacola, nei modi più subdoli e banali. Sono circa 6 mesi che ho avuto la mia sentenza a favore (il che già assurdo, considerando il discorso di prima). È anche da tanto che il mio percorso di affermazione di genere è in stallo. Sì, perché per un banale errore del Tribunale le mie carte non sono mai arrivate. All’Ufficio Anagrafe non è stato fatto niente, allo Stato Civile non risulta alcuna annotazione. E tutto questo perché è bastato sbagliare comune per cancellare tutti questi passi in avanti.

Resoconto finale

Vedete, è questo quello che una persona transgender vuole farvi comprendere con la sua storia. Che il percorso di affermazione di genere è già abbastanza complesso, isolante e ostacolato così com’è. Non è facile navigare nel costante giudizio dei tuoi pari, della famiglia, di qualsiasi istituzione. Altrettanto difficile è andare a studiare con la paura addosso, provare il terrore di andare dal medico e doverti spogliare per farti visitare. C’è così tanto che mi fa paura, mi fa piangere la notte, cose che una persona cisgender non può comprendere. Eppure volete sempre inscatolarmi in qualcosa che non solo, darmi etichette, additare, uccidere.

Sofferenze incomprese

Sono tanti anni che combatto contro questo sistema. Tempo ad assecondare leggi che non comprendo, che non sono fatte per me e il mio percorso di affermazione di genere. Giudizi e calunnie che ascolto per strada, in università, in ospedale, a lavoro. È una sofferenza che non vi auguro mai di comprendere. Non darei neanche al mio peggior nemico il terrore che provo io nell’essere semplicemente me stesso. Gli orrori che ho subito online e che assorbo passivamente dai racconti altrui. Le incomprensioni e le cattiverie che gli altri hanno in serbo per te. Nessuno sceglie tutto questo, come di essere chi è. Siamo già abbastanza provati così, ad affrontarlo coraggiosamente a testa alta in un mondo che non ci capisce e non vuole farlo.

Cosa spero di ottenere con tutto questo?

Ad alcuni di voi questo mio racconto non farà né caldo né freddo. Rimarranno nella loro beata ignoranza, a sparare sentenze e sgolarsi in piazza per dettare ancora una volta legge sulla mia esistenza. Ma spero di essere arrivato a quelle menti aperte al dialogo. Non vi chiedo di capire i percorsi di affermazione di genere, né di farli vostri. Vi chiedo di accettare vostr* figli*, compagn*, amic*. Vorrei che accompagnaste queste persone a vivere la loro vita serenamente, anche senza appoggiare le loro scelte, ma accettandole. Si muore già da soli. Volete veramente isolare le persone che amate solo per chi sono?

A voi tutti che vi sentite emarginati perché siete chi siete. Vi vedo, vi sento, vi racconto. Sempre.

 

Aeden Russo

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